di Massimo Franco · 18 Mag 2024
Ci sono due episodi che sembrano indicare un clima europeo non proprio favorevole all’italia e al suo governo. Il primo è la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo di ammettere il ricorso di un ex segretario radicale contro la legge elettorale del nostro Paese: ricorso che Palazzo Chigi ritiene infondato, e sul quale sta preparando una memoria difensiva. Il secondo è una dichiarazione proposta dal Belgio ai 27 Stati membri a difesa delle comunità Lgbtq per la giornata internazionale contro l’omofobia. Otto Paesi non l’hanno firmata, tutti dell’europa orientale. Più l’italia. E pensare che il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ieri ha invitato le istituzioni a impegnarsi «per una società inclusiva e rispettosa delle identità». E ha citato esplicitamente gli «episodi di omotransfobia: persone discriminate, schiacciate da pregiudizi che spesso sfociano in inaccettabili discorsi d’odio, aggredite verbalmente e fisicamente. Non è possibile rassegnarsi alla brutalità». E la premier Giorgia Meloni, citando le sue parole, ha ricordato «le persecuzioni e gli abusi di cui tanti cittadini sono vittime solo per il proprio orientamento sessuale». Era prevedibile che il rifiuto, condiviso con Ungheria, Romania, Bulgaria, Lituania, Lettonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Croazia, avrebbe rinfocolato le accuse di un progressivo scivolamento verso sistemi di governo accusati di oscurantismo: quel «modello Orbán», dal nome del presidente ungherese, del quale, a volte anche strumentalmente gli avversari considerano un potenziale seguace il governo Meloni. La segretaria del Pd, Elly Schlein, ha espresso «rabbia e vergogna». Ma c’è chi ha visto una punta di perplessità anche nel vicepremier di FI, Antonio Tajani. Eppure, proprio ieri la ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, additata per essere troppo di destra, al punto che le hanno impedito più di una volta di parlare, sembrava netta. «L’italia», ha detto, «è la nazione della libertà, nella quale ogni persona deve essere e sentirsi libera di esprimere il proprio orientamento sessuale senza discriminazione, violenza e intolleranza». È difficile, dunque, decifrare la sconnessione tra le parole pronunciate e la decisione del governo. L’italia non ha aderito «perché la dichiarazione era sbilanciata sull’identità di genere. Fondamentalmente rifletteva il contenuto della legge Zan», è la giustificazione del ministero, che parla di «criterio ovvio». Alessandro Zan è il parlamentare del Pd, attivista del Lgbtq, che su questo ha ingaggiato battaglie fortemente divisive. Di certo, è più sconcertante la proposta del leghista che vuole rimuovere la bandiera dell’europa da tutti gli edifici pubblici: un’idea provocatoria quanto deleteria. Porta a dire che i rapporti tra il nostro Paese e i suoi alleati storici non vivono un momento esaltante.
Fonte: Corriere