AGI – “La pandemia da SARS-CoV-2 non è stata certamente la peggiore, potrebbero arrivarne di molto più devastanti per l’umanità. Il nostro deposito mondiale dei virus darà un contributo importante a impedire che ciò accada”.
Marc Cadish, 59 anni, è il direttore del laboratorio di Spiez, cittadina svizzera a 40 chilometri da Berna, al quale l’organizzazione mondiale della sanità e il governo elvetico hanno affidato nei giorni scorsi le `chiavi’ dello scrigno che custodirà gli agenti patogeni emergenti pericolosi per la salute pubblica individuati in ogni parte del globo.
Seduto nel piccolo salotto all’ingresso dell’edificio in cemento armato presidiato dai militari, Cadish prefigura in un’intervista all’AGI possibili scenari apocalittici auspicando però di poterli evitare attraverso nuove forme di condivisione nella comunità internazionale mancate, a detta di molti osservatori, nelle prime fasi della lotta al coronavirus.
Una “sfida che rende orgoglioso” questo istituto di ricerca attivo dalla fine della prima guerra mondiale e diventato un punto di riferimento nel contrasto alle minacce chimiche, biologiche e atomiche e che punta a diventarlo anche nel campo dei virus.
“La pandemia in corso ha provocato una grossa perdita economica di vite umane e a livello economico per i paesi sviluppati e sottosviluppati – osserva Cadish – ma di contro non è stata così pericolosa perché la nostra economia, la logistica, i treni, la distribuzione del cibo hanno continuato a funzionare e le persone in età lavorativa hanno proseguito a lavorare. Se la prossima pandemia dovesse colpire le persone in età lavorativa quale potrebbe essere il risultato? Per questo è molto importante la cooperazione tra Paesi, per intervenire più velocemente e con più efficacia rispetto a quanto un singolo Stato possa fare”.
In concreto, spiega Cadish che guida il centro di ricerca da 17 anni, “la condivisione di agenti patogeni tra i laboratori dei singoli Stati poteva avvenire finora solo sulla base di accordi bilaterali a volte complicati e comunque di lenta attivazione. Il BioHub dell’Oms istituirà invece un sistema di scambio continuo su base volontaria dei Paesi per SARS-CoV-2 e, in una fase successiva, per altri patogeni. Un sistema che dovrebbe consentire lo sviluppo accelerato di contromisure mediche a future epidemie e pandemie”.
Il tutto dovrebbe avvenire senza pericoli per la popolazione e senza che si debbano approntare misure di sicurezza aggiuntive a quelle già esistenti per scongiurare la diffusione dei virus giunti da ogni dove all’esterno. “Tutte le misure di sicurezza necessarie sono già in atto – assicura -. Gestiamo già una BioBanca per la Svizzera e abbiamo molta esperienza nella ricezione di dati di questo tipo”. Del resto, ci tiene a sottolineare il direttore, Spiez “è stata scelta proprio per queste sue competenze, perché è già tutto pronto e i locali sono già predisposti in termini di sicurezza” e, ammette, “probabilmente anche perché è vicina a Ginevra dove ha sede l’Oms”.
Il progetto non prevede finanziamenti da privati. “Spiez Lab – dice Cadish – è un’istituzione del Governo della Svizzera federale e, in quanto tale, è finanziata per intero dalle casse pubbliche”. La gestione del `deposito’ dove raccogliere, analizzare e sequenziare le nuove insidie richiede uno sforzo economico supplementare. “Per espandere le attività delle nostre Bio banche già esistenti e venire incontro alle esigenze del BioHub dell’Oms abbiamo bisogno di ulteriore personale, in particolare di tecnici `bio-informatici’. Questo personale sarà finanziato dal Governo svizzero mentre il costo dei trasporti per lo scambio dei materiali biologici sarà coperto dall’Oms“.
Cadish preferisce non rispondere solo a una domanda, quella sull’eventualità che un incidente nel laboratorio di Wuhan possa avere scatenato la pandemia.
“Non siamo coinvolti in questa particolare ricerca, quindi non ho nessun commento da fare su questo argomento”
Source: agi