Di Lorenzo Cremonesi
Trump forse sta un poco rivedendo la sua promessa di risolvere la guerra russo-ucraina «in 24 ore». Vladimir Putin replica di essere pronto al dialogo, lo ha detto anche due giorni fa al telefono al cancelliere tedesco Olaf Scholz, intanto però attacca dall’aria e intensifica le offensive di terra ricorrendo ai soldati nordcoreani. Tra gli europei si parla di «pace entro il 2025» e lo ribadisce anche Zelensky. Difficile capire quanto vi sia di concreto. La situazione resta comunque estremamente fluida: se guardiamo ai maggiori problemi sul tavolo, non è difficile cogliere la distanza che separa le posizioni di partenza.
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Quali sono le richieste russe?
La penisola di Crimea e la parte orientale del Donbass vennero occupate da Mosca e dai separatisti locali nel 2014. Dal rilancio della guerra con l’invasione russa il 24 febbraio 2022 si è aggiunta tutta la fascia meridionale da Mariupol lungo il mare di Azov sino alla parte orientale della regione del Kherson, oltre al quasi 90% di quella di Zaporizhzhia e circa il 75 per cento del Donbass. In tutto, poco più del 20 per cento dell’intera Ucraina. Putin dal giorno del referendum nelle zone occupate nel settembre 2022 afferma che «come minimo» le regioni di Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson vanno ora prese dai suoi soldati e sono ormai parte integrante della Federazione Russa. Gli ucraini sono invece decisi a liberarle tutte. Gli alleati della Nato e l’amministrazione a fine mandato di Joe Biden vorrebbero trovare un compromesso territoriale, che lasci alla Russia solo una parte di quelle regioni, per esempio l’intera Crimea e buona parte del Donbass. Negli ultimi giorni indiscrezioni da Washington lasciano credere che Trump sia propenso a lasciare ai russi tutto ciò che hanno occupato, costringendoli però a creare una «zona cuscinetto» demilitarizzata di mille chilometri garantita da una forza europea. Trump ribadisce che le spese militari per difendere l’ucraina devono essere soltanto europee, l’america non deve pagare un solo dollaro.
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Che cosa succederà con la Nato?
Il tema è caldo. Zelensky potrebbe essere aperto al compromesso territoriale se ci fosse la chiara promessa dell’entrata dell’ucraina nella Nato dopo la firma della pace. Lo contempla la parte iniziale del suo piano in 10 punti. Gli europei sono pronti ad accettare l’ucraina nella Nato, ma in un futuro indefinito. Trump pare sia contrario e vorrebbe congelare il tema per almeno 20 anni. Putin pone un «no» categorico. Non solo a suo dire l’ucraina non potrà mai entrare nell’alleanza Atlantica, ma soprattutto insiste affinché divenga uno «Stato neutrale» e «demilitarizzato». Si tratta di una questione centrale, per il fatto che da Kiev si lascia capire che soltanto un solido ombrello di difesa militare garantito dagli alleati potrebbe indurre ad accettare un compromesso territoriale. Kiev teme di essere trasformata in una sorta di Bielorussia bis totalmente controllata da Mosca.
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E l’«enclave» di Kursk?
Agli inizi di agosto le unità militari ucraine sono entrate nella zona russa frontaliera di Kursk occupando oltre 1.000 chilometri quadrati. Lo stesso Zelensky ha affermato che vorrebbero scambiare queste terre per quelle del Donbass. Ma nelle ultime settimane i russi hanno fatto affluire oltre 10 mila nordcoreani concentrando in tutto circa 50 mila soldati. Ad ora hanno ripreso circa la metà dalla zona e mirano a liberarla prima dell’arrivo di Trump alla Casa Bianca il 20 gennaio.
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Che ne sarà di Zelensky?
All’inizio della guerra Putin aveva dichiarato l’intenzione di «denazificare» l’ucraina e deporre Zelensky. Di recente ha ribadito che il mandato di quest’ultimo è scaduto a maggio e adesso lui va deposto perché non ha voluto le elezioni. Zelensky replica che le elezioni si terranno appena dopo la revoca della legge marziale alla fine della guerra. Sino ad ora Stati Uniti e alleati europei non hanno messo in dubbio la legittimità del presidente ucraino. La sua popolarità risulta comunque in forte calo.
Fonte: Corriere.it