Piccole attività in ginocchio: secondo l’Istat sono oltre 3,2 milioni gli addetti che si inventano mestieri abusivi per tirare avanti. Il giro d’affari è di 77 miliardi
Libero
4 aprile 2021
ANTONIO CASTRO
La pandemia rischia di fare esplodere il lavoro nero. L’abusivismo. E, di conseguenza, spingere nel sommerso altri miliardi di fatturato, centinaia di migliaia di addetti e un bel numero di imprese piccole, piccolissime, spesso poco più di singole partite Iva.
Effetti paradossali di una crisi sanitaria che si abbatte sull’economia di un Paese che dopo più di un anno, 5 decreti straordinari di “rilancio”, quasi 160 miliardi di spesa pubblica per puntellare il sistema economico, è messa peggio di prima. E già non andava granché bene neppure prima del ciclone Covid 19.
Sta di fatto che ora siamo messi peggio. Secondo l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre nell’ultimo anno la crisi indotta dalla pandemia ha provocato la perdita di circa 450mila posti di lavoro.
TERZA ONDATA, NUOVI DANNI
Situazione complicata ulteriormente dalle chiusure imposte nelle ultime settimane. Con il balzo dei contagi, dei ricoveri e dalla diffusione delle varianti assai più aggressive (inglese, brasiliana e sudafricana), la situazione occupazionale da difficile è divenuta drammatica. Con le città d’arte chiuse per mancanza di turisti, gli italiani confinati a casa nei primi fine settimana primaverili le aspettative di ripresa sono morte prima ancora di trasformarsi in certezza. E così ai già molti disoccupati espulsi dal sistema produttivo negli ultimi dodici mesi , si sono aggiunti molti addetti del settore alberghiero e della ristorazione.
Ma per mettere insieme il pranzo con la cena c’è chi – in attesa dei fantomatici ristori che non sono ancora arrivati- si è industriato come poteva. Ed ecco che sono spuntate finte parrucchiere ed estetiste. Era già successo nella fase più dura del lockdown 2020. A marzo ed aprile scorso era stato tutto un sommesso fiorire di attività svolte (ovviamente in nero) a domicilio. Tramite i cellulari, il passaparola e il circuito tradizionale dei rapporti abitudinari, era sorto un florido mercato parallelo (ovviamente in nero). Impossibile stimare con una certa attendibilità il numero preciso di chi si è dedicato a lavori e lavoretti in nero. Però qualche anno fa l’Istat, aveva ipotizzato (per difetto) che i lavoratori in nero fossero circa 3,2 milioni. E tutto questo ben prima del Covid. «Nei prossimi mesi», scandiscono dall’associazione degli artigiani, «la situazione è destinata a peggiorare. Con lo sblocco dei licenziamenti previsti dapprima a fine giugno, per coloro che lavorano nelle Pmi e nelle grandi imprese, e successivamente in autunno, per quelli che sono occupati nelle micro e piccolissime aziende, c’è il pericolo che il numero dei senza lavoro aumenti in misura importante».
CRESCITA FORSE DALL’ESTATE
Il blocco dei licenziamenti (per ora prorogato fino al 30 giugno), prima o poi verrà rimosso, seppure tenendo conto delle sole attività che non hanno risentito degli effetti della crisi. E se il ritardo nella campagna vaccinale continuerà il rischio è che il danno per l’economia italiana lieviti. Secondo una stima di Eetha Ceis « si rischia un calo del Pil fino a 270 miliardi di euro», se la campagna di immunizzazione dovesse completarsi solo a fine 2021. Considerando il biennio un disastro: 96 miliardi nel 2021 e 104 nel 2022. Il valore aggregato dell’attività in nero viene stimato in 77,8 miliardi di euro all’anno, di cui 26,7 miliardi sono prodotti nel Sud, 19,8 nel Nordovest, 17 nel Centro e 14,3 nel Nordest.