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Coronavirus: il successo del modello di Taiwan

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Tempismo, trasparenza, centralizzazione e tecnologia: sono gli elementi che possono essere considerati alla base del successo di Taiwan nella battaglia contro la pandemia di Covid-19. Il bilancio dei contagi è fermo a 153 casi e 2 decessi nonostante il Paese, che conta quasi 24 milioni di abitanti, sia solo a 110 miglia dalla Cina, principale focolaio del nuovo coronavirus, e abbia registrato il primo caso il 21 gennaio.

Paradossalmente, le continue frizioni con la Cina ne hanno favorito il successo in questa decisiva battaglia: Pechino aveva vietato già nel 2019 il turismo individuale e tagliato pesantemente quello di gruppo nell’isola, riducendo così la possibilità di contagio. Inoltre, la Cina ha sempre imposto il suo veto per escludere Taiwan dall‘Organizzazione mondale della sanità (Oms) che ha quindi agito per conto proprio senza attendere le tardive indicazioni da Ginevra su come tutelarsi.

La strategia anti-coronavirus di Taiwan – scrive Foreign Policy – utilizza una combinazione di vigilanza precoce, misure pro-attive e condivisione delle informazioni con la popolazione, nonché l’utilizzo della tecnologia sotto forma di analisi di big data e piattaforme online. Tutto cio’ viene fatto con un alto livello di trasparenza e impegno da parte della popolazione.

Quando le prime notizie su una misteriosa malattia a Wuhan hanno iniziato a emergere nel dicembre 2019, Taiwan le ha trattate con la massima urgenza, avendo centinaia di propri cittadini che lavorano in Cina. Ha quindi adottato misure precoci, tra cui il controllo dei passeggeri dei voli provenienti da Wuhan a partire già dal 31 dicembre, il divieto d’ingresso ai residenti di Wuhan dal 23 gennaio, la sospensione dei tour in Cina il 25 gennaio e infine il divieto di tutti gli ingressi dalla Cina il 6 febbraio.

Riconoscendo che doveva garantire un’adeguata fornitura di attrezzature mediche, comprese le mascherine per il viso, per gli operatori sanitari e la popolazione, il governo di Taiwan ha interrotto le esportazioni di mascherine chirurgiche il 24 gennaio, chiedendo alle aziende locali di aumentare la produzione per farla arrivare ai 10 milioni al giorno, divisa tra la popolazione, il settore medico e industriale.

Il governo ha anche requisito la distribuzione delle mascherine dal settore privato il 31 gennaio, assicurando che non ci siano speculazioni, com’e’ successo ad esempio a Hong Kong. Taiwan ha inoltre adottato il 6 febbraio una politica di acquisti in cui ogni taiwanese puo’ acquistare un certo numero di maschere per adulti e bambini a settimana da farmacie e cliniche per 0,17 dollari l’una. E per consentire una più facile distribuzione e prevenire le lunghe code fuori dalle farmacie, i taiwanesi possono ordinarle online e ritirarle in un secondo momento.

Per garantire il coordinamento, Taiwan ha istituito un centro di comando unificato, guidato dal ministero della sanità e del benessere, che gestisce le risorse, tiene briefing giornalieri e controlla la comunicazione pubblica. Le autorità si sono inoltre mosse rapidamente per rintracciare le persone contagiate e mappare i casi per identificare le fonti del contagio. Sono state avviate importanti campagne per educare la popolazione sui rischi della malattia e sulle precauzioni da prendere attraverso avvisi e poster televisivi e’ anche una parte importante degli sforzi anti-coronavirus.

Essendo una grande potenza tecnologica, non poteva non sfruttare tutti gli strumenti a disposizione per combattere la pandemia. In particolare attraverso – scrive sempre Foreign Policy – l’uso di big data per l’analisi e lo sviluppo di piattaforme per informare le persone su dove sono attualmente disponibili le mascherine e dove sono state le persone contagiate. Le agenzie di assicurazione sanitaria e di immigrazione di Taiwan hanno integrato la cronologia dei viaggi degli ultimi 14 giorni dei residenti locali e stranieri con i dati delle loro tessere sanitarie, consentendo a ospedali, cliniche e farmacie di accedere immediatamente alle informazioni quando trattano i pazienti. Le persone che si sono sottoposte all’auto-quarantena sono state chiamate con frequenza da funzionari e sono stati rintracciati i loro telefoni per assicurarsi che non lascino la loro residenza.

Vedi: Coronavirus: il successo del modello di Taiwan
Fonte: estero agi


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