La “legge Gadda” contro lo spreco di cibo ha messo al centro i bisogni delle persone e il ruolo di professionisti e imprese nelle donazioni
Laura Mongiello* *Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari
Lo spreco alimentare ha un enorme impatto negativo sull’ambiente, sull’economia e da un punto di vista sociale. Secondo i dati FAO, tra 691 e 783 milioni di persone hanno dovuto affrontare la fame e la cattiva alimentazione nel 2022: 122 milioni in più rispetto al 2019. A fronte di una situazione tanto drammatica e del difficile momento storico che stiamo vivendo, ogni anno, soltanto in Europa, diventano rifiuto circa 88 milioni di tonnellate di alimenti in buone condizioni igienico-sanitarie e perfettamente commestibili. Gli sprechi si generano lungo l’intera filiera agroalimentare, dal campo alla tavola.
La FAO stima che il 13% del cibo mondiale vada perso nella catena di approvvigionamento, dal periodo successivo al raccolto prima della vendita al dettaglio, mentre un ulteriore 17% del cibo viene sprecato nelle famiglie, nei servizi di ristorazione e nella vendita al dettaglio. Ciascuno può avere un ruolo determinante per invertire questa rotta, nei comportamenti individuali così come attraverso le diverse professionalità da mettere in campo. Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari è un impegno che il tecnologo alimentare assume al momento dell’iscrizione all’ordine, nel rispetto del codice deontologico, per guidare la trasformazione dei sistemi agroalimentari verso un modello sostenibile. Come professionisti siamo chiamati a svolgere un ruolo nel garantire la Sicurezza e la Sostenibilità dei cibi, a tutela della salute dei consumatori e a sostegno delle aziende alimentari, che hanno l’obbligo di immettere sul mercato prodotti sicuri, con elevati requisiti di qualità, nel segno di quella tradizione e competenza che da sempre fanno del Made in Italy alimentare un modello di riferimento universalmente riconosciuto. Per garantire un accesso al cibo sano, sufficiente, nutriente e sostenibile per tutti, è necessaria una rete solida e coordinata, capace di riunire aziende, mondo della ricerca, università, enti del terzo settore, rappresentanti dei consumatori, media, professionisti ed istituzioni. Da tempo come ordine svolgiamo anche un ruolo sociale attraverso il supporto tecnico agli Enti del Terzo Settore, come il Banco Alimentare, mettendo a disposizione le nostre competenze relative alla gestione dei processi produttivi e alla sicurezza alimentare; nelle fasi di recupero e ridistribuzione delle eccedenze alimentari, infatti, deve essere garantita la sicurezza igienico-sanitaria e preservate le proprietà nutrizionali e organolettiche affinché il cibo, oltre a nutrire, appaghi i sensi, indipendentemente dal reddito delle singole persone. In sintesi, le stesse norme di igiene alimentare cui devono conformarsi le attività commerciali valgono anche per le attività delle organizzazioni di beneficenza, così come ben evidenziato nella cosiddetta legge antispreco. La legge n.166 del 2016 – conosciuta come “legge
Gadda” – ha promosso un importante cambiamento nella cultura del contrasto allo spreco mettendo al centro i bisogni delle persone e il ruolo di professionisti e imprese nelle donazioni. La Commissione Europea ha stimato che più del 10% delle 88 milioni di tonnellate di cibo sprecato sia legato alle modalità scelte dalle aziende per indicare in etichetta la durabilità (shelf-life) dei loro prodotti. Gli alimenti sono una matrice complessa che va incontro ad alterazioni microbiologiche e chimiche tali da comportare non soltanto uno scadimento della qualità organolettica, ma talvolta anche un vero e proprio rischio per la salute del consumatore. Troppo spesso la decisione di indicare una data di scadenza ravvicinata anziché un congruo termine minimo di conservazione è determinata dalla scelta prudenziale di chi si trova a gestire le questioni di shelf-life senza avere le adeguate competenze, e questo comporta sia un danno economico per l’azienda, sia un considerevole spreco di cibo. Lato consumatori, si stima che il 18% dei cittadini europei non comprenda appieno la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro» e come questa si differenzi dalla data di scadenza. Questa ultima segna un limite oltre il quale gli alimenti diventano a rischio per la salute e non possono essere consumati, mentre i prodotti con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro”, possono ancora essere consumati in piena sicurezza: semplicemente non ne è più garantita la perfetta qualità organolettica, il gusto, la consistenza. Fare chiarezza su questi aspetti permetterebbe di evitare lo spreco di cibo ancora buono. Senza dimenticare che, nelle nostre case, la maggior parte degli alimenti finisce nel cassonetto direttamente dal frigorifero o dalla tavola perché conservati in modo non idoneo, preparati in quantità eccessive, o perché si ha difficoltà a interpretare le etichette. A valle della produzione e della distribuzione diventa, infatti, responsabilità del consumatore mantenere la qualità degli alimenti fino al momento del consumo. L’educazione al consumo consapevole è un elemento determinante sia per evitare sprechi, sia per scongiurare situazioni di rischio. Per cambiare i comportamenti delle persone e modificare abitudini ormai consolidate, non basta un’azione informativa, ma occorre un approccio educativo, che veda lo sforzo congiunto di tutti gli attori della filiera.
Fonte: Il Riformista