Ricavi non contabilizzati e non dichiarati per circa 14 milioni di euro tra il 2010 e il 2014, violazioni in materia di Iva per circa 6 mln e di Irap per altri 500.000 euro: è la frode fiscale scoperta dalla guardia di finanza di Prato indagando su un’azienda tessile pratese riconducibile a un cinese e alla moglie ma gestita negli ultimi 10 anni da prestanome. Gli accertamenti sono stati condotti dalla polizia tributaria delle fiamme gialle pratesi che hanno denunciato l’orientale. La società, spiegano i militari in una nota, dopo un breve periodo iniziale di operatività regolare, ovvero osservando le varie disposizioni di legge, non avrebbe poi più adempiuto “agli obblighi sia nei confronti dei clienti-fornitori sia nei confronti dell’Amministrazione tributaria arrivando poi a cessare la propria attività ed aprendone contestualmente un’altra”. Le verifiche hanno permesso di accertare “che negli ultimi dieci anni avevano formalmente rivestito la carica di amministratori della società cinque prestanomi nullatenenti, tutti di etnia cinese, che erano stati scelti dai reali amministratori ‘occulti’ tra i propri parenti, amici od operai della società con contratti part-time. I singoli amministratori, dopo un breve periodo di tempo dalla loro nomina, tornavano in Cina risultando, pertanto, irreperibili sul territorio italiano”. Nel corso delle indagini i finanzieri hanno effettuato poi accessi e presso la società e anche in una villetta a Campi Bisenzio, dove vivevano i coniugi cinesi ma intestata alla figlia, riuscendo ad acquisire documentazione extracontabile e computer che hanno portato a ricostruire i redditi occultati al fisco. La Confedercontribuenti chiede di fare luce sul fenomeno dell’evasione fiscale della Comunità cinese in Italia con un controllo a tappeto sulle migliaia di attività imprenditoriali nel nostro Paese.