Tra interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto e interesse ultralegale, l’imprenditore Gianfranco Simonato di Conselve, aveva prosciugato il conto. Decide poi di rivolgersi al tribunale sostenuto da Confedercontribuenti.
Il giudice di Padova Luca Marani (seconda sezione civile) gli ha dato ragione, rideterminando il saldo del suo conto corrente (ormai estinto) in 574.502,64 euro che ora potrà reclamare dalla Cassa di Risparmio del Veneto.
Il conto corrente era stato acceso il 25 luglio 1990 stabilendo che il rapporto sarebbe stato disciplinato in base agli “usi di piazza”. La legge 154 del 1992 (la legge sulla trasparenza bancaria) ha introdotto l’obbligo della forma scritta nei contratti bancari. E ha reso nulle le clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse. Pertanto il tasso in misura superiore a quello legale deve essere pattuito per iscritto.
Il cliente utilizzava il conto per ottenere fidi dall’istituto di credito anche sostanziosi che per anni aveva tollerato esposizioni notevoli senza assumere iniziative per costringere al rientro, come rilevato dal consulente tecnico del giudice, Roberto Mometto.
A seguito della rivelazione del giudice «in presenza di contratti stipulati prima della delibera del Cicr (Comitato del credito e risparmio) del 9 febbraio 2000, per applicare legittimamente interessi anatocistici, la banca avrebbe dovuto far sottoscrivere un nuovo contratto con clausola anatocistica specificatamente approvata» vi è stata la richiesta di ricalcolo del saldo in conto corrente sulla base della documentazione bancaria “riletta” dal consulente del giudice ma anche da quello del cliente tutelato dall’avvocato Giuseppe Baldassarre del foro di Bari, uno dei legali di Confedercontribuenti.