Si prevede una nuova stagione per gli stabilimenti balneari e le altre concessioni demaniali marittime che porterà nuovi investimenti e un ipotetico incremento di posti di lavoro, ma di contro sarà certamente una nuova stagione di contenziosi e conflitti. La posizione di Confedercontribuenti
di Ettore Minniti
Dal 2024 le concessioni balneari dovranno essere affidate tramite gare pubbliche. Così ben 6823 concessioni in atto saranno revocate.
Il governo, con l’ultimo Consiglio dei ministri, ha fatto proprio l’orientamento di una recente sentenza del Consiglio di Stato, in ottemperanza dalla direttiva del 2006 della Commissione europea, con la direttiva Bolkenstein con la quale si impose agli Stati membri di mettere a gara le concessioni pubbliche anziché assegnarle senza un termine. Bruxelles ha chiesto che sia rispettato il diritto Ue sulle concessioni balneari con l’applicazione della suddetta direttiva Bolkestein. Il governo italiano aveva già prorogato le licenze degli stabilimenti balneari fino al 2033, senza liberalizzare il mercato.
Il 3 dicembre 2020, la Commissione europea è tornata alla carica con l’avvio di una nuova procedura d’infrazione sottolineando che l’Italia non solo non aveva ancora attuato la sentenza della Corte del 2016, ma che “da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute“.
Nell’ultimo Consiglio dei ministri, con votazione unanime, in risposta a tale procedura d’infrazione, con alcuni emendamenti al DDL Concorrenza, sono state introdotte clausole di salvaguardia tendenti a regolare e normare il comparto. È previsto anche un disegno di legge che prevede una delega al governo per l’adozione, entro sei mesi, di uno o più decreti legislativi per semplificare la disciplina sulle concessioni. Gli obiettivi – spiegano fonti di Palazzo Chigi – sono quelli di assicurare un utilizzo più sostenibile del demanio marittimo, di favorirne la pubblica fruizione e di promuovere un maggiore concorrenza sulle concessioni balneari.
Agli addetti ai lavori però il provvedimento appare iniquo. Confedercontribuenti auspica che vengano ben definiti i diritti di prelazione per gli attuali concessionari in ragione del know how e per il fatto che hanno operato importanti investimenti, si pensi, ad esempio, che tante attività sono a conduzione familiare. La Confederazione auspica che ci si tuteli dall’accaparramento delle migliori spiagge del Bel Paese da parte di multinazionali russe, americane o cinesi.
Nel frattempo, dal governo fanno sapere che tra i criteri per la scelta del concessionario ci dovrebbe essere l’esperienza tecnica e professionale già acquisita e saranno tutelati quei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura, hanno utilizzato la concessione come prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, tutelando con clausole sociali la stabilità occupazionale del personale impiegato dal concessionario uscente, in modo tale da salvaguardare le micro imprese, piccole imprese ed enti del terzo settore.
Tutto bene quindi? Non proprio. I balneari sono in agitazione. In Italia sono a rischio 30 mila famiglie, più gli addetti ai lavori, più gli impiegati.
“Il recente provvedimento del Consiglio dei ministri – afferma Piero Giaculli del coordinamento Turismo di Confedercontribuenti – se da una parte cerca di mettere in ordine alle concessioni balneari fasulle e ridicole, dall’altra parte rischia di mettere in ginocchio migliaia di concessionari. Chi oggi ha una concessione, dopo il bando se non aggiudicatario, vedrà svanire tanti investimenti fatti dopo la proroga al 2033 fatta con una legge dello Stato”.
La Commissione europea fa sapere, tramite il suo portavoce, Sonya Gospodinova, che “… è importante che le autorità italiane mettano rapidamente in conformità la loro legislazione, e le loro pratiche relative alle attribuzioni delle concessioni balneari, con il diritto europeo e la giurisprudenza della Corte di Giustizia“.
In conclusione, le concessioni dovranno essere assegnate tramite gara dal 2024.
Purtroppo, come spesso accade nel nostro paese, è già bagarre tra i partiti politici, in vista della campagna elettorale del 2023. È già oggetto di scontro nella maggioranza.
Insomma, dopo aver approvato la riforma in Consiglio, tramite i propri ministri di riferimento, i leader dei partiti annunciano che il testo deve essere cambiato.
Ciò significa che il tempo disponibile fino alla fine del 2023 rischia di essere insufficiente. Le due sentenze dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato dello scorso novembre (le numero 17 e 18 del 9 novembre 2021) di fatto hanno reso nulle le proroghe delle concessioni demaniali marittime in essere che scadono oltre il 31 dicembre 2023. La proroga era stata applicata indistintamente a tutte le vecchie concessioni fino al 31 dicembre 2033, ma questa proroga delle concessioni in essere continuava a impedire l’ingresso di nuovi operatori nel settore e quindi anche di nuovi investimenti.
Si prevede una stagione difficile per il settore, perché le amministrazioni locali sono in difficoltà nel predisporre i relativi bandi, senza direttive a livello centrale.
L’associazione di categoria annunciano che faranno fronte comune contro tale legge o decreti-legge, con ricorsi in tutti i Tar del Paese. Questo porterà sicuramente ad una sanzione a carico dello Stato italiano da parte della Commissione europea, che come sempre sarà pagata con i soldi degli incolpevoli contribuenti.
Si prevede insomma una nuova stagione per gli stabilimenti balneari e le altre concessioni demaniali marittime che porterà nuovi investimenti e un ipotetico incremento di posti di lavoro, ma di contro sarà certamente una nuova stagione di contenziosi e conflitti. Si prevedono ricorsi giudiziari perché di recente i nuovi subentrati nelle concessioni hanno sborsato ingenti somme e ora quei contratti rischiano di essere nulli.
Confedercontribuenti seguirà la vicenda con attenzione e farà le proprie proposte a tutela delle micro e piccole imprese e gli enti del terzo settore.
Rimane fortemente preoccupata, come sottolineato dal suo presidente, Carmelo Finocchiaro, che “…il settore non sia preda degli investitori stranieri che potrebbero depauperare il nostro patrimonio ambientale, faunistico e demaniale”.