Un vero e proprio villaggio di prefabbricati, alloggio degli operai che nei primi anni 2000 hanno costruito la tratta novarese dell’Alta Velocità Milano Torino. Poi, dal 2010 in poi, chiuso il cantiere, le casette sono state utilizzate dal Comune di Novara che le ha trasformate in un centro di accoglienza per rispondere all’emergenza abitativa. Qui hanno abitato fino a 550 persone, con più di 100 minori, in una situazione via via più complessa. Dal 2015 il “Villaggio Tav” ha cominciato un lento svuotamento. E oggi è vicino all’addio definitivo: gli ultimi residenti, qualche decina di persone, soprattutto nuclei familiari con bambini, sono stati sfrattati. Da lunedì 31 luglio sono di fatto abusivi perchè l’amministrazione comunale deve completare a breve lo sgombero per abbattere quello che resta dell’ex centro di accoglienza, in luogo del quale, con un investimento da oltre 38 milioni di euro provenienti dal Programma Pinqua, finanziato con fondi Pnrr, sorgerà un nuovo quartiere di edilizia residenziale pubblica.
L’area interessata ha una superficie di 32 mila metri quadrati: saranno realizzati 92 appartamenti in palazzine da 4, 6 o 12 alloggi di tre diverse metrature, da 45, 65 e 95 metri che ospiteranno in tutto 316 abitanti. Qualcuno tra gli ex residenti ha già trovato autonomamente una soluzione. A tutti gli altri il Comune propone una soluzione “draconiana”: gli uomini al dormitorio comunale, le donne e i bambini in strutture protette di cohousing. Una proposta che ha scatenato la reazione di tutti i gruppi di opposizione in consiglio comunale. (AGI)
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