Attenuatasi la crisi pandemica la domanda di gas è tornata a livelli crescenti; la volatilità del mercato ha scatenato la speculazione dei contratti futures; la Russia, diminuendo l’offerta, fa schizzare il prezzo. Le politiche energetiche dell’Unione europea non sono state preveggenti: se si fosse mantenuto il sistema adottato fino al 2013, i prezzi del gas non sarebbero schizzati alle stelle
di Renato Costanzo Gatti
Stralcio da “ENERGIA” un articolo del 2020 (attenti alla data) che spiega il metodo di pricing (determinazione del prezzo) del gas e che anticipa gli effetti che stanno sconvolgendo il nostro futuro energetico
“Storicamente le importazioni europee di metano si sono sviluppate sulla base di contratti a lungo termine contenenti prezzi indicizzati sulla base di medie mobili a quelli dei prodotti petroliferi e clausole take-or-pay (clausola per cui l’importatore paga al produttore i quantitativi contrattualizzati anche se non consumati n.d r.).
Il collegamento al prezzo del petrolio, oltre ad assicurare redditività ai produttori, garantiva al gas la competitività rispetto ai derivati del petrolio da sostituire nella generazione termoelettrica e nel riscaldamento. In un contesto di domanda crescente, questi accordi hanno a lungo rappresentato il punto di equilibrio tra gli interessi dei produttori e quelli degli importatori, garantendo sicurezza delle forniture e prezzi relativamente prevedibili.”
“Con il pieno favore dell’Unione Europea (UE) e dei Regolatori, le transazioni spot sono diventate gradualmente il principale riferimento dei mercati all’ingrosso e al consumo. Prezzi riferibili a volumi marginali scambiati su base spot hanno finito per condizionare l’intera struttura di formazione dei prezzi.”
“Questo sistema di prezzi orientato al breve termine ha funzionato per diversi anni in un contesto caratterizzato prevalentemente, salvo fasi congiunturali (come il 2018), da una sovrabbondanza di offerta che ha raggiunto il suo culmine nel 2020 con la pandemia, quando le quotazioni hanno toccato i loro minimi storici.”
Nel corso del 2021, l’economia europea ha ripreso vigore e un rimbalzo nei consumi di gas era inevitabile. Cosa che gli operatori dovevano sapere bene e per la quale occorreva prepararsi dal lato degli approvvigionamenti. Invece, i prezzi spot del gas naturale all’ingrosso sono in media più che quadruplicati rispetto allo stesso periodo del 2020.
Nel corso dell’anno, all’hub italiano PSV le quotazioni sono passate dai 20 euro/MWh di gennaio ai 114 euro/MWh di dicembre, con punte che hanno toccato i 180 euro/MWh. Andamento analogo si riscontra negli altri principali hub di scambio europei.
Osservazioni
I sistemi di indicizzazione sono il risultato di scelte politiche decise dai nostri governanti e/o da enti da essi delegati, non sono leggi della natura ma algoritmi che perseguono alcuni scopi per contemperare interessi diversi o per raggiungere risultati che si ritiene di perseguire. Ma i governanti e/o gli enti preposti si ritiene che conoscano i meccanismi legati all’algoritmo prescelto, qualora si dovessero prevedere accadimenti che anche potenzialmente possono danneggiare l’economia o minare il buon funzionamento dell’algoritmo scelto, ci si dovrebbe aspettare un intervento opportuno finalizzato ad evitare spiacevoli e imprevedibili effetti.
Le cause che hanno scatenato l’aumento del prezzo TTF sono fondamentalmente 3:
Se si fosse mantenuto il sistema di pricing NWE adottato fino al 2013, i prezzi del gas non avrebbero avuto effetti significativi.
Conclusioni
Ursula fon der Lyen ha dichiarato che siamo stati “ingannati”, ritengo al contrario che in questa faccenda l’UE abbia compiuto un errore imperdonabile, che il nostro ministro Cingolani sia inadeguato, che il Presidente Draghi con la sua proposta di un price cap proponendo di opporre alla prepotenza del “monopolio” russo la prepotenza del “monopsomio” europeo stia compiendo un errore strategico.
(Foto Lapresse)