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…Come Oggi 9 febbraio 1881. La morte di Dostoevskij

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di redazione

Il 9 febbraio del 1881 si spegneva a San Pietroburgo, all’età di sessant’anni, Fëdor Michajlovič Dostoevskij, il gigante della letteratura russa dell’Ottocento, celebre per i suoi romanzi, da “Delitto e castigo” a “I fratelli Karamazov”, da “I demoni” a “Il giocatore”, a “L’idiota” e così via.

Dostoevskij era nato a Mosca, nel 1821, secondo dei sette figli di Michail, un medico dell’ospedale dei poveri, nobile decaduto, uomo autoritario e dedito all’alcol e di Marija, provientee da una famiglia di mercanti, morta di tisi nel 1837.

Michail Dostoevskij morì assassinato dai suoi servi nel 1839, quando già da un anno, in seguito alla scomparsa della madre, il giovane Fëdor si era trasferito a San Pietroburgo per studiare ingegneria presso la scuola del genio militare. Ma si rivelò uno  studente svogliato, già a quel tempo la sua attrazione principale era la letteratura.

Così, dopo aver conseguito il diploma, Dostoevskij rinunciò alla carriera militare e si dedicò alla stesura del suo primo romanzo, “Povera gente”, che ebbe subito un grande grande successo. Iniziò così una folgorante carriera di romanziere. A “Povera gente” seguirono “Il sosia” e “Le notti bianche” che la critica non giudicò all’altezza del romanzo d’esordio.

Nel 1849 Dostoevskij venne condannato a morte dallo Zar Nicola I per avere aderito a un circolo socialista di intellettuali, fu tuttavia graziato poco dopo, la pena di morte venne commutata in quattro mesi di esilio in Siberia e altri quattro di arruolamento forzato.

Nel 1857, sposata una giovane vedova, tornò alla scrittura con “Il villaggio di Stepancikovo” e Il sogno dello zio”.

Nel 1861 iniziò la collaborazione giornalistica con la rivista “Il tempo”, dove furono pubblicate due nove opere:, “Memorie da una casa di morti”, in cui Dostoevskij racconta l’esperienza del campo di lavoro in Siberia e Umiliati e offesi”.

Viaggiò molto, negli anni successivi, in Europa, visitando Inghilterra, Francia e Germania, riportando un’opinione molto negativa della società occidentale. Al rientro in Patria fondò il periodico “Epoca e pubblicò le due opere che lo consacrarono definitivamente, nel giudizio dei posteri,  come uno dei maggiori esponti della letteratura di tutti i tempi: “Memorie del sottosuolo” e il celeberrimo “Delitto e castigo”. Queste opere, in vita, gli diedero una buona fama letteraria, ma non gli procurarono grandi guadagni economici.

Rimasto vedovo, nel 1867 sposò in seconde nozze la propria stenografa, Anna Snitkina. Pubblicò quindi “Il giocatore”, romanzo autobiografico in cui confessa la sua passione per il gioco d’azzardo, la roulette in particolare.

Anche a causa delle continue perdite al gioco la sua situazione economica si fece rovinosa: per sfuggire ai creditori fu costretto a trasferirsi con la moglie all’estero, dove nacque un altro dei suoi più celebri romanzi, “L’idiota”. Rientrato in Russia nel 1873,  scrisse I demoni”, per dedicarsi poi, fino al 1880, alla stesura de “I fratelli Karamazov”, l’ultimo suo capolavoro prima di spegnersi, in modo improvviso, nel 1881.