di redazione
Dal 4 all’11 febbraio del 1945, in Crimea, Yalta, città sul Mar Nero che era stata quasi interamente distrutta dalla guerra, fu teatro dello storico incontro tra i capi politici dei tre principali paesi alleati, Stati Uniti, Regno Unito e Unione Sovietica. Il summit tra Franklin Delano Roosevelt, Winston Churchill e Josif Stalin andò in scena nel Palazzo di Livadija, un tempo residenza estiva dello Zar Nicola II.
A guerra quasi vinta, con la Germania nazista ormai sull’orlo della resa, in una settimana di colloqui i tre leader presero decisioni cruciali sull’esito della Seconda guerra mondiale, disegnando il futuro della Germania e della Polonia, e prefigurando i nuovi assetti geopolitici del mondo dopo la fine del conflitto. A Yalta furono poste le basi per creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Già due anni prima Roosevelt, Churchill e Stalin si erano incontrati nella Conferenza di Teheran (28 novembre – 1 dicembre 1943). Si veniva dalla clamorosa sconfitta dell’esercito tedesco a Stalingrado, i sovietici, alla fine del 1943, avanzavano verso ovest, segnando l’epopea dell’Armata Rossa contro Hitler. C’era dunque in Occidente la consapevolezza che la forza dell’URSS era necessaria per vincere la guerra e, di conseguenza, andavano messi nel dimenticatoio gli accordi spartitori stretti da Stalin, nel ‘39, con Hitler.
Il famoso “patto Molotov-Ribbentrop”, così chiamato dal nome dei ministri degli Esteri dei due paesi, aveva prevedeva la non aggressione reciproca e sanciva l’annessione alla Russia sovietica di Estonia, Lettonia e Lituania e la spartizione della Polonia. Il patto di non aggressione era stato poi tradito da Hitler nel 1941, con l’“Operazione Barbarossa”, cioè l’invasione la Russia che, nei piani del dittatore nazista avrebbe dovuto essere una “guerra lampo”, ma si scontrò con una realtà del tutto diversa. Dopo aver pronunciato alla radio, il 3 luglio del ‘41, uno storico discorso al popolo, in cui definì i nazisti criminali e il patto con Hitler “un errore”, l’Unione sovietica si avviò all’alleanza con le potenze occidentali nel quadro della quale si svolsero, in seguito gli incontri di TTeheran e di Yalta, poi seguiti dalla successiva Conferenza di Potsdam (17 luglio – 2 agosto 1945).
L’incontro di Yalta fu organizzato per discutere del nuovo ordine mondiale dopo la fine della guerra, per preparare, si disse nei comunicati ufficiali, «un futuro di pace e prosperità», anche se, in realtà, ognuno dei tre leader aveva da difendere i propri interessi.
Roosevelt e Churchill si erano incontrati a Malta ed avevano proseguito insieme il viaggio, in aereo fino a Kiev e poi in automobile fino a Yalta, dove arrivarono il 3 febbraio, Stalin li raggiunse il giorno successivo.
Roosevelt, semiparalizzato a causa della poliomielite, venne ospitato nello stesso Palazzo di Livadija, dove si svolsero i colloqui. Nel palazzo fu installato un centro di comunicazioni congiunto per diffondere le notizie in tutto il mondo.
L’incontro vide i tre grandi scambiarsi molti gesti di cortesia, battute scherzose ma anche frecciate sarcastiche: a Stalin che gli ricordava che avrebbe potuto anche perdere le elezioni, Churchill rispose che gli inglesi almeno potevano cambiare leader quando volevano.
Non c’era un ordine del giorno prefissato: i tre leader, caratterizzati da forti differenze ideologiche, discussero a ruota libera del destino della Germania, della Polonia, della Jugoslavia e dell’intervento dell’URSS in Giappone. Gli storici sono oggi quasi tutti concordi nel ritenere che fu Stalin, che si poneva l’obiettivo di allargare le frontiere dell’URSS verso il Centro-Europa, il vero vincitore. Fu deciso infatti che nella divisione della Germania la porzione francese non ricadesse nella zona di competenza dell’URSS, cui fu consentito di estendere i suoi confini in Polonia e che venisse imposto a questa nazione il governo ombra che si trovava a Mosca e non quello che si trovava a Londra.
In pratica tanto Roosevelt che Churchill consentirono che l’intera Europa orientale finisse nella sfera di influenza sovietica. Indro Montanelli avrebbe scritto, tanti anni dopo, che la Conferenza di Yalta per alcuni, cioè per i russi, «fu un fasto», per altri, gli occidentali, «un lutto». Tuttavia un esito differente sarebbe stato molto difficile, perché quando i paesi occidentali aprirono, in ritardo, il “secondo fronte”, nel giugno del 1944, le armate russe erano già in Polonia e vicine ai confini della Germania e quindi, di fatto, tutta l’area del cui assetto si doveva discutere a Yalta si trovava già sotto il controllo sovietico.
Fra Roosevelt e Stalin intercorsero anche delle trattative che riguardavano l’estremo oriente. Roosevelt ottenne l’impegno dell’URSS contro il Giappone, in cambio di concessioni territoriali.
Si discusse anche delle Nazioni Unite. Già durante la conferenza di pace di Teheran, alla fine di novembre 1943, Roosevelt aveva lanciato l’idea di creare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. A Yalta si parlò soprattutto delle modalità di voto nel Consiglio di Sicurezza: ebbe origine in quella Conferenza il diritto di veto, voluto da Stalin. La Carta delle Nazioni Unite venne definita poco più di due mesi dopo a San Francisco, negli Stati Uniti, in una Conferenza cui Roosevelt non potè presenziare, perché era morto il 12 aprile, tredici giorni prima dell’inizio dei lavori.
Dopo la Conferenza di Yalta Roosevelt, rientrato negli Stati Uniti aveva illustrato i risultati della Conferenza di Yalta al Congresso, parlandone come di una grande vittoria della pace, ma non fece in tempo a partecipare alla conferenza successiva, a Potsdam, cui invece partecipò Churchill, che dovette allontanarsi dai colloqui per rientrare nel Regno Unito a verificare la vittoria elettorale dei laburisti. A Potsdam tornò il nuovo primo ministro Clement Attlee: si era verificata la profezia di Stalin.
In seguito i rapporti tra le potenze mutarono rapidamente. Già il 5 marzo del 1946 Churchill pronunciò il celebre discorso sulla “cortina di ferro”, che segnò l’inizio della Guerra Fredda.
Stalin morì il 5 marzo del 1953, l’anno successivo alla chiusura del confine tra Berlino Ovest e Berlino Est.
Churchill morì nel gennaio del 1965, dopo essersi da tempo ritirato a vita privata.