di Giulio Pappa
Esattamente 73 anni fa, il Mahatma Gandhi venne assassinato da un fanatico nazionalista indù.
L’assassino, Nathuram Godse, riteneva che Gandhi fosse in accordo con i musulmani. In quegli anni, infatti, l’India scontava la persistenza di una grave crisi interreligiosa ed etnica in seguito all’indipendenza dall’Impero britannico e alla secessione della regione del Pakistan a maggioranza musulmana.
Gandhi era stato un grande leader, conosciuto in tutto il mondo per le proteste non violente portate avanti nel periodo tra le due guerre mondiali. Digiuni e marce pacifiche, la più significativa delle quali è la celebre “marcia del sale” nel 1930 contro l’ingiusta e oppressiva tassazione imposta dalla dominazione inglese.
La sua personalità irraggiungibile, i suoi valori, i principi ed ideali di Gandhisaranno motivo d’ispirazione per uomini altrettanto grandi, come Nelson Mandela e Martin Luther King.
La sua morte ha segnato profondamente l’India, per la quale rappresentava la guida non solo politica, ma soprattutto spirituale e morale.
Il miglior saluto alla “grande anima” del popolo indiano ha il suono delle parole del Paṇḍit Nehru, allora primo ministro in carica: “la luce se ne è andata dalle nostre vite, il buio ha prevalso ovunque”.