di Ettore Minniti
Una storia lontana nei nostri ricordi, ma indelebile nelle coscienze dei familiari delle vittime. Il 23 dicembre 1984, il treno rapido 904, proveniente da Napoli e diretto a Milano, viaggiava stracolmo di passeggeri diretti a casa per le feste di Natale, quando, all’interno della galleria di San Benedetto Val di Sambro, una violenta esplosione compì un massacro di innocenti: quindici morti e 267 feriti.
Dieci anni prima, il 4 agosto 1974, in un analogo attentato, sempre all’altezza di San Benedetto Val di Sambro, nei pressi della Grande Galleria dell’Appenino aveva colpito il treno Italicus, un’esplosione di matrice terroristica.
La strage del Rapido 904 fu un attentato che venne fatto rientrare dagli esperti nella cosiddetta “strategia delle tensione“, di cui sono stati condannati i mandanti. Purtroppo, oggi sono ancora sconosciuti gli esecutori e non sono del tutto chiari i moventi che hanno portato a compierla.
Le indagini di polizia giudiziaria fatte dalle Procure di Roma, Firenze e Napoli prima e le successive fasi processuali hanno stabilito un intreccio complesso tra le varie organizzazioni criminali: Cosa Nostra, Camorra, Banda della Magliana e l’estrema destra. Una matassa difficile da dipanare per gli inquirenti.
Molti esperti concordarono nel ritenere che questa alleanza tra le due organizzazioni mafiose fosse dovuta al cambio di rotta avvenuto con la seconda guerra di mafia e la seconda guerra di camorra, dalle quali uscirono vincitori rispettivamente i Corleonesi e la Nuova Famiglia. Referenti per le due organizzazioni furono Pippo Calò e Giuseppe Misso. Motivo di tale strategia fu quello di sviare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle ‘confessioni’ di Tommaso Buscetta che aveva deciso di collaborare con Giovanni Falcone.
Nel marzo del 1985 vennero ritrovate a Roma due valigette contenenti radiocomandi a lungo raggio. Proprietario dell’immobile era Guido Cercola, un fedelissimo di Calò. Nel maggio dello stesso anno, in un casale di Poggio San Lorenzo (Rieti) di proprietà del Calò, vennero ritrovati alcuni detonatori, sei chili di tritolo e due panetti di esplosivo Semtex, uno dei quali parzialmente utilizzato. L’esplosivo ritrovato venne dichiarato compatibile con quello utilizzato per la strage di Natale.
La Camorra, col Misso, diede il proprio contributo. Nel luglio 1985 una retata decimò i componenti dell’organizzazione criminale campana e due degli esponenti arrestati, Mario Ferraiuolo e Lucio Luongo, cominciarono a parlare, facendo rivelazioni anche in merito alla strage del Rapido 904. Luongo dichiarò di aver ricevuto dal deputato missino Massimo Abbatangelo una valigia contenente esplosivo (Semtex H e Brixia B5, analogo a quello rinvenuto sulla scena del fallito attentato all’Addaura nel 1989 e in Via D’Amelio nel 1992). Entrambi riferirono che, il giorno prima della strage, Carmine Lombardi, vicino al Misso, era salito sul Rapido 904 insieme all’esplosivo utilizzato nella strage.
Questa la ricostruzione parziale della tragica vicenda criminale. Oggi L’Associazione dei familiari delle vittime di quella strage, oltre a battersi per ottenere una verità giudiziaria, ha cercato di mantenere viva la memoria storica e le memorie dei testimoni. Lo hanno fatto e continuano a farlo, spesso senza la vicinanza delle istituzioni.
Essa ritiene che occorre fare ulteriori approfondimenti per non lasciare senza giustizia le 16 vittime, i 267 feriti e tutti i familiari di quei bambini, di quelle donne e di quegli uomini colpiti dal brutale intreccio tra mafia e terrorismo.
Il Presidente Mattarella ci ha ricordato che “La memoria di tante vittime innocenti rafforza il dovere per le istituzioni, per gli organi dello Stato, per tutta la società civile di rispettare continuamente i valori di civiltà, di libertà, di solidarietà che sono la base della nostra Costituzione“.
E noi non ci sottraiamo al ricordo e alla memoria di queste vittime innocenti.
Le strade per l’affermazione della legalità e della convivenza civile sono irte e tortuose, ma gli uomini liberi e forti non possono sottrarsi all’impegno civico per affermare i principi della democrazia.