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…Come Oggi 14 Febbraio San Valentino, incubo o festa

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di Gianni De Iuliis

Nell’ultima riunione di redazione il nostro Direttore Antonello Longo mi ha chiesto di scrivere un pezzo sulla festa di san Valentino, la ricorrenza dedicata agli innamorati. Ho acconsentito, ma dentro di me è cominciata a montare una forte preoccupazione. Ho subito pensato: «questa è un’autentica rogna». Scrivere su San Valentino (ometto d’ora in poi «festa di») senza essere banali è un esercizio di autoflagellazione intellettuale.

Troppo semplice riprodurre ricerche sulle origini pagane della festa, citando i Lupercalia e i conseguenti riti ancestrali legati alla sfera più antica e primordiale della sessualità umana: si racconta che giovani donne di Roma fossero frustate da gruppi di giovani uomini nudi. Era un rito propiziatorio della fertilità.

Altrettanto banale avventurarsi in un trattato sul consumismo sotteso a questa e altre celebrazioni simili, magari con tanto di citazioni dotte che chiamerebbero necessariamente in causa le speculazioni di Adorno e della Scuola di Francoforte, con la denuncia dell’Impero dei media come subdolo strumento di manipolazione delle coscienze, con la denuncia dell’industria culturale che suscita i bisogni e determina i consumi degli individui, rendendoli passivi ed etero-diretti, annullandoli come persone e riducendoli a massa informe, programmando e schematizzando il divertimento e addirittura lo stesso innamoramento.

Vi racconto un episodio legato a san Valentino. Due anni or sono, in una classe terza del Liceo ove insegno, nei giorni immediatamente precedenti la festa degli innamorati, si stava discutendo del Simposio e della concezione platonica dell’Eros. Ovviamente parlando d’Amore, a pochissimi giorni da san Valentino, la discussione scivolò inevitabilmente sulla festa degli innamorati. Notai subito che tale festa è molto sentita dall’universo adolescenziale, sia in positivo che in negativo. Ma soprattutto compresi come a quell’età avere un partner, essere innamorati, rappresenta una tappa fondamentale che ogni adolescente vorrebbe quasi ossessivamente bruciare.

Ricordo la discussione. C’era l’entusiasta che esaltava san Valentino e si accingeva a organizzare festeggiamenti sui social e di persona; il tradizionalista che stava pensando al regalo; l’intellettualoide che cinicamente affermava che non ha senso un giorno per gli innamorati, che ogni giorno…blablabla.

Ma c’era anche chi non aveva partner in quel momento. L’arrabbiato reduce da una storia finita che «sono tutte sciocchezze / odio tutte le donne / odio tutti gli uomini / basta, non vedo l’ora che giunga il 15 febbraio». Altro tipo di reduce il melanconico, il triste, il deluso che avrebbe voluto essere sulla Luna, anzi no, troppo romanticheggiante, su Marte. Chi non aveva risolto i suoi problemi d’identità sessuale e taceva.

Ma il mio sguardo si posò su un ragazzo molto dolce. Silenzioso. Gli occhi enormi e colmi di angoscia e trepidazione. Che si abbassavano non appena io cercavo d’incrociarli. Evidentemente a disagio.

Cominciai a fantasticare. Una delusione d’amore? Difficoltà relazionali? E così via con le ipotesi. Ma quel ragazzo mi fece venire in mente i miei san Valentino da adolescente, fortemente ammorbati da un episodio che mi capitò a quattordici anni.

Ero segretamente innamorato di una ragazza. Frequentavo il Quarto Ginnasio (quasi quindicenne), lei era più grande di me di tre anni (quasi maggiorenne). La vedevo dappertutto, la sognavo, immaginavo viaggi con lei, abbracci, baci. Durante la ricreazione mi recavo presso la sua aula. Nascosto dietro una colonna la guardavo avidamente. Un giorno la incontrai per caso nella piazzetta del paese, ove ci riunivamo noi adolescenti la sera. Mi sorrise, mi salutò. Non ci potevo credere. Mi sentivo padrone del mondo.

Giunse la spannung. La scuola organizzò un ballo in una discoteca cittadina per festeggiare san Valentino. Decisi d’invitarla e dichiararmi. Organizzai tutto minuziosamente. Scrissi una poesia d’amore. Le comprai un profumo costosissimo. Mi recai presso un fioraio e ordinai delle rose da inviarle.

Il giorno prima di san Valentino ero ormai persuaso che stavo facendo la cosa giusta. Arrivai a scuola la mattina prestissimo deciso a bloccarla. Ero solo nella piazzetta antistante il Liceo, in attesa che arrivasse Lei, convinto, chissà perché, che sarebbe arrivata prima di tutti e che da solo potevo parlarle, invitarla alla festa, regalarle il profumo e consegnarle la poesia. Magicamente giunse subito dopo di me. Scese da una moto guidata da un ragazzo bellissimo, che forse aveva dieci anni più di me. Si fermarono a parlare qualche istante, si baciarono appassionatamente. Poi lui sfrecciò via come un cavaliere del Ducato di Borgogna. Ella mi vide, mi salutò con un sorriso dolcissimo, si sedette su un muricciolo e si accese una sigaretta.

Per me, per i successivi tre anni, san Valentino sarebbe coinciso con l’immagine del cavaliere di Borgogna. Odiavo quella celebrazione. Mi provocava turbamenti e disagi. Non partecipavo ai balli, alle feste, evitavo di parlarne. Fortunatamente ai miei tempi non c’erano i social. Mi ripugnavano le trasmissioni televisive che andavano in onda in prossimità di san Valentino. Odiavo quei filmetti che celebravano la festa. Detestavo addirittura i Baci Perugina…

San Valentino per una parte del mondo adolescenziale è anche solitudine, depressione, insicurezza. Esso fa emergere le difficoltà relazionali, l’incapacità di amare, le delusioni amorose, i turbamenti e le angosce di giovani che si sentono inadeguati ed emarginati in un periodo in cui tutti celebrano il santo e martire cristiano Valentino di Terni. In cui i media bombardano con baci, profumi, abbracci, sguardi sognanti, tramonti romantici. In cui si organizzano feste, serate, balli, cene con menù sanvalentiniani. In attesa del 15 febbraio…


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