di Giulio Pappa
Il 1° febbraio 1945 il Luogotenente del Regno, Umberto di Savoia, futuro Re d’Italia col nome di Umberto II, il famoso “Re di maggio e non di giugno”, firma il decreto legislativo luogotenenziale n.23 che allarga il diritto di voto anche alle donne con più di 21 anni.
Il suffragio femminile viene votato in Consiglio dei Ministri il 30 gennaio, su proposta del democristiano Alcide De Gasperi e del comunista Palmiro Togliatti. Solo con successivi decreti viene data alle donne anche la possibilità di essere elette.
Il primo appuntamento elettorale post-bellico al quale possono partecipare le donne italiane è rappresentato dalle elezioni amministrative in diversi comuni d’Italia tra marzo ed aprile 1946.
La partecipazione femminile raggiunge il 90% dell’elettorato femminile, con quasi 2 mila candidate donne elette nei consigli comunali. Le prime due donne sindaco saranno Ada Natali a Massa Fermana, nelle Marche, e Ninetta Bartoli nel comune sardo di Borutta.
Indubbiamente, il momento più iconico che sancisce nella memoria storica del paese il voto femminile è quello del Referendum istituzionale Monarchia-Repubblica in cui si vota congiuntamente per eleggere l’Assemblea Costituente.
All’Assemblea Costituente verranno elette 21 donne su 552 membri totali.
Le battaglie per il diritto di voto alle donne prendono avvio nel Regno Unito con il movimento delle Suffragette. Le donne inglesi ottengono il diritto di eleggere i rappresentanti locali nel 1832. Si dovrà attendere il 1928 per il suffragio femminile nazionale inglese.
Le prime donne a votare nell’epoca contemporanea sono state le neozelandesi, a partire dal 1893.