Era il 1961 e a Berlino veniva alzato un muro che avrebbe diviso la Germania Est dalla Germania Ovest e dal resto del mondo. Contemporaneamente, proprio nella DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, entrava, con 10mila copie, Der Leopard di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. “Mentre si chiudevano le frontiere Il Gattopardo era entrato, percorso inverso” scrive Bernardina Rago nel libro ‘Il Gattopardo a guardia del Muro’ (Feltrinelli, 13 euro, 256 pagine) raccontando la storia del giallo editoriale che rese Der Leopard non solo l’ultimo libro dell’Occidente a entrare nella Germania socialista, ma anche uno dei simboli di quella Germania, nonostante la sinistra ortodossa italiana lo considerasse un’opera reazionaria e neo-feudale.
“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” è una delle frasi chiave dell’opera che raccontava, attraverso la penna di un nobile, la resistenza dell’aristocrazia siciliana e il mantenimento del potere nobiliare costituito, durante il Risorgimento italiano. Non è difficile capire perché il romanzo fosse inviso agli intellettuali di sinistra nel nostro Paese, ma come è stato possibile che sia riuscita a rompere le catene della censura, della burocrazia e del sistema editoriale di allora, a oltrepassare la cortina di ferro e a conquistare la DDR? È su questo giallo letterario che si basa il romanzo di Rago, studiosa italiana attiva in Germania, che ricalca le vicende dell’opera.
Lo snodo di questa intricata vicenda editoriale è tutto nella figura di Alfred Kurella, ex agente di Lenin nonché guida della Commissione Cultura del Comitato Centrale della Sed (il Partito Socialista Unificato Tedesco). Kurella, che curò addirittura la postfazione del libro, fu un uomo di vasta cultura, fortemente affascinato dalla Sicilia e dalla figura di Garibaldi come capo guerrigliero e incredibilmente affine alla figura stessa di Tomasi, così tanto da riuscire a piegare uno dei più grandi capolavori letterari europei del Novecento agli interessi del socialismo reale, dopo un lungo e impervio iter fatto di giudizi editoriali stroncanti, autorizzazioni, riunioni, incursioni, correzioni e le oltre 70 note a piè di pagina e nonostante in Germania la carta, prima ancora della stampa, fosse sotto implacabile controllo.
Tra Berlino e Palermo, per biblioteche e archivi, pagina dopo pagina, la professoressa Rago ha condotto una vera e propria indagine poliziesca sul come e sul perché un romanzo tanto disallineato per quell’epoca raggiunse un epilogo clamoroso, esploso con il prezioso investimento in valuta estera da parte della Germania comunista. Con testimonianze dirette, “pizzini editoriali” e carte inedite alla mano, l’autrice ricostruisce la storia di un giallo letterario nella Germania socialista attraverso la quale “Il Gattopardo nella Ddr iniziò con un colpo di fulmine e presto diventò un chiodo fisso”. (AGI)