Il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma del Codice appalti che introduce varie novità in favore dell’autonomia delle stazioni, anche se con dei rischi.
Ilena D’Errico
Fonte @money.it
È stata approvata la riforma del Codice appalti, con l’assenso del Consiglio dei ministri sulle modifiche fortemente volute dal presidente della Lega, Matteo Salvini. Non mancano però le perplessità, soprattutto da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione.
Il nuovo Codice fa parte degli obbiettivi del Pnrr e perciò deve necessariamente entrare in vigore entro il 31 marzo 2023. Per ridurre le tempistiche, infatti, è stato necessario semplificare e ridurre il testo redatto dal Consiglio di Stato con la delega ottenuta durante il governo Draghi.
Per accelerare le procedure il Codice appalti da 229 articoli è stato privato da numerosi allegati, con l’obbiettivo di favorire nel contempo l’autonomia e la discrezionalità delle stazioni appaltanti. Questa decisione potrebbe tuttavia ridurre l’equità del sistema.
Le novità introdotte nel Codice appalti
Le modifiche apportate al Codice appalti si sono rese necessarie per semplificarne il testo, nella speranza di giungere più rapidamente alla sua approvazione e rispettare il piano del Pnrr. La riforma, inoltre, servirebbe anche a facilitare le procedure, così da realizzare in tempi più brevi le opere pubbliche e aiutare le piccole e le medie imprese.
Nel dettaglio, sono stati apportati i seguenti cambiamenti:
I problemi del nuovo Codice appalti
Giuseppe Busia, presidente dell’Anac, ha richiesto che l’applicazione del Pnrr avvenga nel rispetto della trasparenza e della chiarezza. Per questo motivo Busia ha sollecitato la cancellazione di alcuni punti critici del decreto.
Il fattore più importante riguarda il controllo dei conflitti d’interesse, minato dalla riduzione dei poteri in capo all’Anac. In particolar modo, l’Anac avrà un’autorità limitata rispetto al Responsabile unico del procedimento, oltre a competenze molto ridotte sulla verifica delle Soa: le certificazioni che qualificano le imprese per partecipare negli appalti pubblici.
Le conseguenze del depotenziamento dell’Anac sono decisamente pericolose, con il rischio concreto di ridurre ulteriormente l’equità nelle assegnazioni degli appalti. Non è raro infatti, come dichiarato da Busia, che le assegnazioni vengano effettuate per favoritismi, ledendo la meritocrazia.
Un secondo aspetto problematico è rappresentato dall’abbassamento della soglia per gli affidamenti diretti, soprattutto in considerazione del depotenziamento del reato di abuso d’ufficio anticipato da Carlo Nordio e all’estensione dei benefici penitenziari ai condannati per reati contro la Pubblica amministrazione. L’autonomia auspicata con le modifiche potrebbe quindi tradursi in lassismo e finire per favorire la corruzione.
L’eliminazione dell’elenco delle società in house è poi un ulteriore punto che il direttore dell’Anac vorrebbe eliminato. L’elenco, infatti, ha permesso finora di ridurre notevolmente le irregolarità, grazie a requisiti di efficienza, economicità e qualità. Secondo Matteo Salvini, invece, cancellare l’elenco si rivela indispensabile per garantire una più netta separazione dei ruoli.
Giuseppe Busia ha invece ottenuto la modifica di un nuovo passaggio, che avrebbe limitato l’indipendenza delle autorità, obbligando l’Anac a coordinarsi con palazzo Chigi. Salvini, d’altra parte, desidera alleviare ulteriormente la normativa in Parlamento. Il nuovo Codice, comunque si applicherà a tutti i procedimenti successivi al 1° aprile 2023, e si estenderà a tutti i procedimenti in corso dal 1° luglio 2023.