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Clima: ecco i “talloni d’Achille” della Corrente Atlantica

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Una modellazione matematica della Corrente Atlantica rivela che il sistema climatico potrebbe essere più imprevedibile di quanto ritenuto in precedenza. A lanciare l’allarme un gruppo internazionale, che comprende anche matematici dell’Università di Leicester, guidato dal Niels Bohr Institute dell’Università di Copenhagen. I risultati, pubblicati su Science Advances, mostrano nuovi affascinanti aspetti della complessità delle dinamiche del clima. Modellando la circolazione meridionale atlantica, uno dei principali sistemi di correnti oceaniche, la squadra di scienziati ha scoperto che la stabilità del sistema dipende da fattori molto più complessi dei semplici stati di ‘accensione’ e ‘spegnimento’, ipotizzati in precedenza. Secondo lo studio, il passaggio da uno stato all’altro potrebbe portare a grandi cambiamenti nel clima regionale dell’Atlantico settentrionale, ma è ben lontano dall’impatto massiccio di una transizione tra stati qualitativamente diversi. Tuttavia, alcune di queste transizioni minori potrebbero alla fine aumentare fino a provocare un passaggio importante tra stati qualitativamente diversi, con impatti climatici globali massicci. I segnali di allarme precoce potrebbero non essere in grado di distinguere il grado di gravità dei conseguenti punti critici. La circolazione meridionale atlantica è uno dei fattori più influenti del sistema climatico. Questa trasporta il calore dalle basse alle alte latitudini dell’Atlantico settentrionale, contribuendo così a creare anomalie termiche positive nell’Europa settentrionale e occidentale e nella regione del Nord Atlantico sottovento. Un rallentamento della circolazione provocherebbe un relativo raffreddamento in questa regione. Prevedere il comportamento del clima, come nel caso della circolazione atlantica di ribaltamento meridiano, a causa della sua incredibile complessità, è ad oggi una sfida. Gli scienziati hanno bisogno di un modello che abbia la massima risoluzione possibile, oppure cercano di comprenderne il comportamento utilizzando un modello meno dispendioso in termini di risorse che consenta un’analisi statistica rigorosa.
“All’interno di ogni stato c’è una molteplicità di stati vicini”, ha detto Valerio Lucarini, dell’University of Leicester School of Mathematical and Computer Science. “A seconda di dove o cosa si sta osservando, si potrebbero trovare alcuni indicatori di un collasso imminente”, ha continuato Lucarini. “Ma – ha aggiunto Lucarini – non è possibile prevedere se questo collasso sarà contenuto negli stati vicini o porterà a un grande sconvolgimento, perché gli indicatori riflettono solo le proprietà locali del sistema”. “Questi stati rappresentano i diversi modi in cui la circolazione atlantica di ribaltamento meridiano si organizza su larga scala, con implicazioni fondamentali per il clima globale e soprattutto a livello regionale nell’Atlantico settentrionale”, ha spiegato Lucarini. “In alcuni scenari, la circolazione potrebbe raggiungere un ‘punto di svolta’ in cui la perdita di stabilità da parte del sistema potrebbe causarne il collasso”, ha osservato Lucarini. “Gli indicatori di allarme ci dicono che il sistema potrebbe passare a un altro stato, ma non sappiamo quanto sarà diverso”, ha precisato Lucarini. “In un’indagine separata abbiamo rilevato che qualcosa di simile si verifica nei record paleoclimatici: quando si cambia la scala temporale di interesse, proprio come una lente di ingrandimento, si possono scoprire caratteristiche distinte su scala sempre più piccola, che sono indicative di modalità di funzionamento concorrenti del clima globale”, ha sottolineato Lucarini. “Le registrazioni paleoclimatiche degli ultimi sessantacinque milioni di anni ci hanno permesso di fornire una nuova interpretazione dell’evoluzione del clima in quel periodo di tempo, rivelando questi molteplici stati in competizione tra loro”, ha notato Lucarini. “Questo studio apre la strada per guardare al clima attraverso la lente della meccanica statistica e della teoria della complessità”, ha specificato Lucarini. “lo studio propone una nuova stimolante visione del clima, in cui è necessario mettere insieme simulazioni numeriche complesse, prove osservative e teoria in un mix inevitabile”, ha evidenziato Lucarini. “È necessario apprezzare e sostenere questa complessità”, ha suggerito Lucarini. “Non ci sono scorciatoie nella nostra comprensione del clima, ma stiamo imparando molto da questo”, ha concluso Lucarini. (AGI)
SCI/RED