Quattro astrofisiche e una epidemiologa nella classifica di Resarch.com che valuta il peso delle pubblicazioni: «Ce lo siamo meritate nonostante i pregiudizi»
Cinque bolognesi tra le prime 1000 scienziate nel mondo secondo la piattaforma accademica Research.com. Al terzo posto in Italia (70esima al mondo) l’epidemiologa di Unibo Eva Negri. Al nono, decimo e undicesimo posto in Italia, rispettivamente al 355esimo, 376esimo e 398esimo, le astrofisiche Lucia Pozzetti di INAF-OAS (Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio di Bologna dell’Istituto Nazionale di Astrofisica), Marcella Brusa di Unibo ed Elena Pian di Inaf. Al 12esimo posto in Italia (474esima al mondo) ancora un’astrofisica, Elena Zucca di Inaf. «È una classifica basata sull’indicatore H-index, che fotografa solo una parte della carriera di una ricercatrice, essendo basato sulla rilevanza delle pubblicazioni scientifiche, quante sono e quanto vengono citate — spiega Marcella Brusa, ordinaria di Astronomia e astrofisica all’Alma Mater —. Inoltre, l’indicatore utilizzato fotografa la ricerca fatta nel passato, una decina di anni fa, che per essere “pesata” deve essere citata. Detto questo, è un risultato che ci siamo meritate».
Nel club delle ricercatrici top si impone come detto Eva Vanna Lorenza Negri, professoressa associata in Medicina del lavoro, arrivata a Bologna solo nel dicembre 2021, ma portandosi dietro un curriculum stellare con oltre mille pubblicazioni scientifiche e 50 mila citazioni. Formatasi a Milano, dove a lungo è stata ricercatrice all’Istituto Mario Negri, per Unibo coordina il corso di laurea magistrale in Scienze delle professioni sanitarie della prevenzione. «Il mio campo di studi principale è sempre stato l’epidemiologia dei tumori — spiega —, a Bologna stiamo studiando gli effetti sui lavoratori dei turni notturni, quali effetti può avere sulla salute, e sono coinvolti anche i lavoratori del Sant’Orsola. Nel futuro mi piacerebbe lavorare sui bambini». Una carriera sudata, come quella di altre donne, «facciamo ancora fatica a progredire — confida — a causa di una serie di pregiudizi». Senza contare le difficoltà, tutte italiane, di trovare fondi. «Per fortuna nel campo sanitario c’è stata e c’è ancora l’Airc, l’associazione ricerca sul cancro, che finanzia studi con una selezione molto rigorosa, un aiuto anche per i giovani».
E poi c’è il gruppo delle quattro astrofisiche, tre delle quali (Brusa, Pozzetti e Zucca) lavorano insieme da anni, ultimamente anche nello stesso edificio nel nuovo polo dell’Astronomia al Navile, in via Gobetti, con il dipartimento universitario da un lato del corridoio e l’Inaf-Oas dall’altro. Un rapporto che è diventato di amicizia. «Io e Lucia — spiega Brusa — abbiamo condiviso l’ufficio per tre anni, dal 2001 al 2004, io facevo il dottorato e lei era già ricercatrice all’Inaf. Abbiamo firmato 20 articoli insieme, compreso il mio primissimo, anche se quello non ha avuto grande impatto. Con Lucia ed Elena abbiamo invece sette articoli in comune, quattro legati al progetto Cosmos, che è stato un progetto di punta nell’astrofisica sull’evoluzione delle galassie e dei buchi neri, e tre in un altro grande progetto un po’ più recente, Vandels». A proposito di Cosmos, «sono stata assunta al Max Planck Institute in Germania proprio per coordinare una parte del progetto Cosmos, dal 2004 al 2012, poi sono tornata in Italia dove ho fatto una carriera lampo», spiega Brusa, originaria di Piacenza, ma laureata e formatasi a Bologna. «Tra dieci anni nella top 1000 mondiale ci saranno ancora diverse italiane, quelle che sono ora coinvolte nello studio dei dati di due satelliti, uno è il James Webb Space partito l’anno scorso e l’altro è l’Euclid, partito a luglio di quest’anno».
La rinuncia agli Stati Uniti
Lucia Pozzetti, bolognese doc, ha rinunciato agli Stati Uniti per continuare a fare ricerca a Bologna. «Nonostante sapessi che è un Paese che non aiuta la ricerca», ammette. Anche lei studia le galassie «e come si sono evolute nel tempo cosmico», attraverso le osservazioni dei telescopi. «In Italia la situazione era già brutta ma è peggiorata negli ultimi 10-20 anni», assicura. «I fondi per la ricerca sono diventati sempre più su base premiale — prosegue — e le opportunità per entrare o progredire nella ricerca non sono costanti, non ci sono regole chiare, i concorsi sono pochi e gli esiti dipendono dalle commissioni». Del trio fa parte anche Elena Zucca, piemontese di origini, arrivata a Bologna perché ai suoi tempi astronomia si studiava a Bologna, oltre che a Padova. «È un ambiente molto stimolante — spiega — . La comunità dell’astrofisica è molto forte in Italia e c’è tanto spazio per le donne. Mi occupo anche di comunicazione scientifica, per la Notte dei ricercatori e non solo, e si fa fatica a far capire che la carriera scientifica per una donna è possibile». Fuori dal trio è Elena Pian, riminese di nascita ma bolognese di adozione, più orientata sui temi della cosmologia e della relatività rispetto alle colleghe. «Mi occupo di sorgenti di alta e altissima energia come i nuclei galattici attivi», spiega. Ha iniziato osservando attraverso il satellite Beppo-Sax, quello che risolse il mistero dei lampi gamma, passando per collassi di stelle e onde gravitazionali, fino ad arrivare alla spettroscopia ottica. «Ho scelto Bologna perché la sua antichissima tradizione ha un valore, amo molto questa università perché nell’astronomia ha sempre incoraggiato l’affermazione femminile. E questo ha dato e sta dando i suoi frutti».
Di Marina Amaduzzi – fonte: https://corrieredibologna.corriere.it/