“Ho 59 anni e ‘Cento domeniche’ è il film che volevo fare”. Antonio Albanese ha scritto (con Piero Guerrera) e diretto un’opera che tratta un tema delicato e difficile: i risparmiatori che hanno perso tutto a causa del crollo delle loro banche.
“E’ una storia non facile – spiega il regista – e pochi produttori volevano rischiare. Ringrazio Carlo Degli Esposti, Nicola Serra e Dario Fantoni, che hanno accettato la sfida”.
Albanese ha presentato il suo film anche a Vicenza, città che ha vissuto sulla sua pelle il crac della Banca Popolare. “Mille vere vittime hanno voluto vedere il film insieme a me – dice Albanese – ho incrociato alla fine duemila occhi rossi. Anche il vescovo di Vicenza, presente in sala, si è commosso. Molti mi hanno abbracciato”.
Il film è nelle sale italiane dal 23 novembre e Albanese non si risparmia per dibattere personalmente con il pubblico “il tradimento terribile” che molte persone hanno subito dalla loro banca “di cui si fidavano”.
“Ci ho messo due anni per fare questo film – continua Albanese – girato a Olginate, sul lago di Como, paese in cui sono nato e cresciuto. Il tema è difficile e il momento è delicato. Per i crac bancari ci sono stati 24 suicidi e coloro che hanno perso tutto non si riprendono. Si sentono ‘morti che camminano'”.
“Spesso in tv parlano di problemi di una serietà mostruosa e ridacchiano – prosegue il regista – io penso che il film ‘Cento domeniche’ è stato fatto proprio perchè deve colpire al cuore le persone”.
Il protagonista se la prende con la globalizzazione finanziaria. “Finiremo tutti in fondo a un fondo” dice Antonio Riva, il protagonista, un operaio specializzato in prepensionamento, che va ancora in fabbrica ad insegnare (gratis) il mestiere ai più giovani. Quando si reca in banca per prelevare dal conto su cui ha messo tutto ciò che ha, il direttore gli consiglia di fare un prestito con una finanziaria e di non disfarsi delle sue azioni, che stanno “viaggiando”. Ma lo sprovveduto Antonio non possiede azioni, o meglio, non si è reso conto di aver tramutato le sue obbligazioni sicure in azioni a rischio, passando da risparmiatore ad azionista su consiglio di quella banca dove gli impiegati erano di famiglia. Il finale è tragico e Antonio Albanese attore lo interpreta nel migliore dei modi.
L’intento del film è proprio quello di raccontare un’Italia perbene in via di sparizione, preda delle spietate logiche del mercato e della spregiudicatezza degli istituti bancari, che fanno ruotare il personale nelle filiali locali affinché nessuno possa costruire un rapporto di fiducia con il cliente.
Il titolo di ‘Cento domeniche’ prende lo spunto da una vicenda personale di Albanese: “Mio padre era un muratore e un suo amico costruì la sua semplice casa, lavorando la domenica per due anni. Mio padre lo aiutò e per finire il lavoro ci misero ‘cento domeniche’. E’ un’Italia onesta che ha migliorato le proprie condizioni di vita lavorando duramente. Un’Italia che ora vive sulla sua pelle anche il problema della delocalizzazione”.(AGI)
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