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Ciad, l’altra polveriera oltre il Niger 

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L’agenzia Fides spiega che un imponente flusso di profughi generato dai combattimenti in Sudan adesso si riversa verso il Ciad, cuore strategico del Sahel

 

AGI – Non è solo il Niger a minacciare la stabilità del Sahel. L’allarme lo lancia l’agenzia specialistica Fides, che in un lungo reportage spiega che la guerra ha già raggiunto, nell’indifferenza della comunità internazionale, il Sudan. Un imponente flusso di profughi generato dai combattimenti adesso si riversa verso il Ciad, cuore strategico del Sahel e porta d’accesso verso la Nigeria e il Camerun, mettendo a repentaglio la stabilità dell’intera regione.

“Anche se in Europa non se ne parla molto, dal 15 Aprile 2023, in Sudan, è in corso un drammatico scontro armato tra fazioni rivali, comandate da due generali che si contendono da anni il potere. Questa guerra fratricida sta provocando in tutto il Paese la fuga della popolazione verso i Paesi limitrofi, in particolare verso il Ciad. Attualmente, oltre 30.000 persone del Darfur sudanese hanno trovato rifugio nelle province confinanti del Ciad.

L’afflusso dei profughi continua ancora a un ritmo di circa 5.000 persone alla settimana, e si prevede che non si arresterà nei prossimi mesi, almeno fino a quando gli scontri non cesseranno definitivamente. Inoltre, le prospettive per il ritorno alla pace sono attualmente molto lontane e precarie”. Recitava così l’appello lanciato dal Vicariato di Mongo, in Ciad, a firma di don Fabio Mussi, coordinatore del progetto che la diocesi ha lanciato per andare in soccorso delle migliaia di profughi che affluivano dal Sudan travolto, all’epoca, da un mese di terribile conflitto.

Di mesi, dall’inizio della guerra, ne sono passati quattro e la situazione si è drammaticamente aggravata, spiega Fides. L’esodo della popolazione sta raggiungendo proporzioni bibliche.

Secondo le più recenti statistiche, sono oltre 3 milioni le persone in fuga, di cui quasi un milione approdate nei Paesi limitrofi in gran parte gravati a loro volta da crisi umanitarie e numeri altissimi di sfollati. Tra questi, il Paese che fa registrare il maggiore numero di ingressi è senza dubbio il Ciad, che da quei 30mila sudanesi disperati di cui parlava don Fabio a maggio è passato oggi a circa 310mila (fonte African Center for Strategic Studies).

“Oltre allo sfollamento interno – riferisce all’Agenzia Fides da N’Djamena Sabrina Atturo, cooperante internazionale della Fondazione MAGIS, la Ong dei gesuiti – il conflitto in Sudan ha causato i movimenti transfrontalieri misti di centinaia di migliaia di persone nei Paesi vicini, vale a dire Egitto, Libia, Ciad, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan ed Etiopia. La maggior parte degli arrivi si registra proprio qui da noi in Ciad (36,5%), poi in Egitto (30,3%) e Sud Sudan (22,5%). Le province orientali, vicinissime al confine col Sudan, sono quelle ovviamente più affollate di profughi”.

La popolazione di André, ad esempio, a soli 400 metri dal confine, nella provincia orientale di Ouaddai, un tempo tranquilla cittadina di 68.000 abitanti, al momento è più che raddoppiata, decine di migliaia di persone di tutte le età sono arrivate dal Sudan da metà giugno, quando una nuova ondata di violenza è scoppiata a El Geneina, la principale città del Darfur occidentale.

Non va dimenticato poi che l’attuale ondata di sfollati dal Sudan si aggiunge agli oltre 400.000 rifugiati sudanesi che vivono nel Ciad orientale dal 2003 a causa di precedenti conflitti sempre nel Darfur.

Ai tentativi fin qui fallimentari di porre un argine al conflitto sponsorizzati da Usa e Arabia Saudita a Gedda, si aggiunge un incontro delle scorse settimane ad Addis Abeba coordinato dal Presidente del Kenya William Ruto in cui sono stati coinvolti anche i rappresentanti della società civile che si sono detti favorevoli a un coinvolgimento dell’Igad (l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo, un ente politico-commerciale formato dai paesi del Corno d’Africa, ndr) e di organismi transnazionali per frenare gli scontri e intavolare negoziati.