AGI – La telefonata ad Attilio Fontana arriva nel cuore della notte, tra il 20 e il 21 febbraio 2020. “Mi informano che sono stati confermati i primi casi di positività a Codogno. E’ stato uno choc incredibile”. Il giorno dopo alle ore 16 squilla il cellulare di Luca Zaia: “Mi informano che abbiamo trovato il paziente 0. Sono andato subito a Padova. Abbiamo costituito in poco tempo una task force”. Ecco le 48 ore che hanno cambiato il corso degli eventi nelle due regioni del Nord e poi in tutto il resto d’Italia.
I racconti del governatore della Lombardia e del presidente del Veneto sono legati da un comune denominatore: l’angoscia per quei terribili momenti, il ricordo dell’inizio di una guerra combattuta nelle prime fasi a mani nude, in una trincea sconosciuta, contro “un nemico invisibile”. Nel libro ‘Ci abbiamo messo la faccia’ (editore Allaround) scritto dal giornalista parlamentare dell’AGI Giovanni Lamberti entrambi ritornano a quei giorni. Sono i primi ad averci “messo la faccia”, ad aver dovuto affrontare il virus.
“La Lombardia è stata la prima trincea del mondo”, sottolinea Fontana. “Abbiamo visto in faccia la morte. E’ stato un evento biblico. E’ come aver vissuto in un film di fantascienza”, riferisce Zaia. Un’escalation di sofferenza. Il primo teatro di guerra è Codogno, la prima persona a cui viene diagnosticato il Covid è Mattia Maestri. Poi Vo’ Euganeo, nel Veneto, la prima vittima è Adriano Trevisan, anni 78. Vo’ Euganeo, 3500 abitanti: “Non c’era alcuna indicazione a fare i tamponi – ricorda Zaia nel suo racconto -. Contro il parere dei tecnici abbiamo setacciato il paese e chiuso l’ospedale di riferimento”. Da quel momento il virus entrerà nelle nostre vite. Arriva l’isolamento di Vo’ Euganeo e per i comuni del Lodigiano.
E’ la prima ondata, a cui ne seguirà una seconda. Ma, soprattutto in quelle 48 ore, rammenta Fontana, “tutti pensavano che si potesse controllare la situazione, arrivavano messaggi rassicuranti anche dal mondo scientifico”. Sono le prime battaglie di un anno di lotta al Covid. “Non sapevamo ancora a cosa saremmo andati incontro”, dice ancora Fontana. “Sono stato il primo a metterci la faccia. E l’ho fatto per 140 giorni consecutivi”, il ricordo di Zaia.
E’ passato un anno e il virus è ancora il nemico da battere, “è diventato familiare, ormai ci conviviamo” sarà perché – come osserva ancora il governatore del Veneto nel libro ‘Ci abbiamo messo la faccia’ (scaricabile in versione ebook, su carta dalla prossima settimana su richiesta alla casa editrice) “è come un essere vivente, è intelligente. Noi stiamo scardinando il suo terreno di coltura e lui cambia”. Ora si è trasformato nella variante inglese, c’è pure quella brasiliana, quella sudafricana.
A febbraio era il Covid e basta. E non c’erano armi per fronteggiarlo. “Non ci hanno mai detto come prepararci a questa guerra. Nessun piano, non sono mai arrivati ordini su come attrezzare le truppe e attaccare il nemico. Non avevamo nulla di quello che serviva per andare al fronte”, il resoconto di Fontana.
Fontana e Zaia non sono i soli a provare ancora angoscia di fronte a quella “striscia di morte”. E quando la pandemia ha cominciato ad avanzare, a mietere sempre più vittime, i governatori hanno dovuto combattere attrezzandosi con ogni mezzo. Tutti, indistintamente, da Nord a Sud. E così hanno fatto anche gli esponenti del governo, in primis l’ex ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia e il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Quelle battaglie sono anche storie personali che emergono nella loro sofferenza nel libro attraverso le voci dei protagonisti. C’è tutto il vissuto umano di chi si è trovato nei posti di comando e ha dovuto scegliere se aprire o chiudere, se consentire o impedire.
Source: Agi cultura