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Che fine ha fatto la nuova legge elettorale?

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di Xavier Mancoso

Sembra caduta nel dimenticatoio la questione legata alla nuova legge elettorale promessa dai partiti che hanno voluto la riduzione del numero dei parlamentari e sostenuto la riforma nel referendum confermativo. Parimenti non si trova traccia, fino ad oggi, delle altre, ulteriori modifiche della Costituzione prospettate come necessarie per rimediare agli effetti negativi o ingestibili della riforma.

Dopo il referendum sul taglio del Parlamento l’Italia è stata sull’orlo delle elezioni anticipate col rischio di dover votare con la legge elettorale in vigore, cioè il cosiddetto Rosatellum con le modifiche (peggiorative) apportate nel 2019 dall’allora maggioranza gialloverde.

Il voto alle elezioni politiche nel 2018 ha visto una sensibile alterazione del rapporto tra i voti riportati ed i seggi attribuiti alle diverse liste alla Camera e al Senato, una distorsione del voto in senso maggioritario. Inoltre il “Rosatellum” ha fatto sì che gli eletti sono stati scelti dai capi-partito, non dagli elettori, salvo a lamentarsi, fino a paventare l’abolizione del divieto di mandato imperativo, perché dopo il voto si sono creati gruppi parlamentari e partiti nuovi di sana pianta, come Italia Viva, perché i fedelissimi hanno lasciato il partito nelle cui liste erano stati eletti per seguire il capo che li aveva scelti.

Questo stato di cose contraddice in modo palese e clamoroso il principio costituzionale della rappresentanza e favorisce in modo artificioso la creazione di coalizioni elettorali basate, da una parte e dall’altra, sull’opportunismo e la brama di potere.

Il meccanismo elettorale, con le liste bloccate e le pluricandidature dei capilista, applicata al ridotto numero dei parlamentari, che alza in alcune Regioni ad oltre il 30% la soglia di fatto per eleggere un senatore, rende abnorme il potere delle più ristrette oligarchie di partito, mentre la mancata attuazione dell’articolo 49 della Costituzione impedisce ogni efficace tutela per gli iscritti e per le minoranze interne.

Ecco perché ci inquieta il silenzio sulla nuova legge elettorale, tema che, temiamo, tornerà di attualità a ridosso del voto cioè, probabilmente, dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Cambiare una legge elettorale pessima e, a nostro giudizio, incostituzionale, è una priorità democratica, così come ha segnalato anche la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa. Non solo la cultura politica radicata in Italia, ma tutto l’impianto costituzionale rende necessaria una legge elettorale proporzionale, che garantisca la più ampia rappresentatività e la piena libertà di scelta alle elettrici ed agli elettori.

La pandemia ed il Recovery Plan assorbiscono quasi interamente l’attenzione del mondo politico e dell’opinione pubblica, ma il nodo delle regole elettorali da definire in seguito alla riduzione del numero dei parlamentari prima o poi verrà al pettine.

A bloccare l’iter di una nuova legge elettorale proporzionale sono i veti contrapposti e la perdurante suggestione maggioritaria di molte forze politiche, non solo a destra. In questo quadro c’è chi pensa di tentare la strada del controllo di costituzionalità sulla legge in vigore. Un gruppo di avvocati e giuristi sta tentando di mettere a punto il testo-base di un ricorso da presentare, da parte di comitati di cittadini, in diversi tribunali italiani per cercare di arrivare alla Corte costituzionale attraverso giudizi in via incidentale.

Noi ci auguriamo che questa iniziativa decolli e che i giudici sollevino in tempi rapidi la questione di costituzionalità per consentire di votare con nuove norme elettorali.