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Charles Taylor: «L’uomo di oggi cerca risposte. Ma fatica a trovarle»

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Viene pubblicata una recente conferenza italiana in cui il pensatore canadese osserva come «viviamo in un’epoca in cui le persone si pongono molti interrogativi e trovano difficile darsi risposte»

Esce oggi in libreria per l’editore Mimesis il libro Questioni di senso nell’età secolare (pagine 138, euro 14,00) del fiflosofo canadese Charles Taylor. Il volume contiene il testo di una conferenza che lo studioso ha tenuto nel gennaio scorso all’Università Cattolica di Milano sul tema “La secolarizzazione e i cercatori di senso”, della quale pubblichiamo uno stralcio. Nel volume, a cura di Alessandra Gerolin e con le traduzioni di Marco D’Avenia e Pia De Simone, figurano anche i saggi Iris Murdoch e la filosofia morale, I pericoli del moralismo (finora inediti in italiano) e Il dibattito tra liberali e comunitaristi: malintesi e fraintendimenti.
Viviamo in un’epoca in cui le persone si pongono molti interrogativi e trovano molto difficile darsi delle risposte: è un dato di fatto che in alcune parti dell’Occidente tutto ciò stia generando una forte e significativa crisi soprattutto tra i giovani. In particolare, la sensazione è che essi non siano certi di quale debba essere l’orientamento e il significato della loro stessa vita: sono confusi e, quel che è peggio, non vengono incoraggiati a cercare. Molto spesso, inoltre, si constata questo fenomeno assai preoccupante: i giovani non comprendono nemmeno cosa li renda infelici o provochi il loro disagio. Dal momento che il problema non è stato affrontato adeguatamente, adesso bisogna fare i conti con una situazione ancora peggiore: i giovani pensano che vi sia qualcosa di sbagliato nella loro vita, ma non riescono nemmeno a portare alla luce questo disagio, che è molto diffuso, in particolar modo, tra gli adolescenti. La situazione è peggiorata in modo considerevole nel corso della pandemia a causa dell’isolamento e del senso tangibile di abbandono da loro sperimentato. Alcuni di loro, tuttavia, riescono a immaginare l’orizzonte di una vita piena di significato e ne sono molto felici; sono molto bravi a fare qualcosa e desiderano diventare medici, avvocati, politici. Certamente vi sono diversi modi di superare la crisi, ma la possibilità di smarrirsi strada facendo e di non trovare nessun modello nella vita dei propri genitori (dal momento che si è molto diversi da loro), dei propri colleghi, o dei propri compagni di scuola (che hanno preso strade diverse) crea un grande disorientamento e genera un disagio, un’emergenza, un problema per il quale siamo chiamati a trovare nelle nostre società dei punti di incontro per elaborare soluzioni condivise. Abbiamo sempre più bisogno di gente che, in un modo o in un altro, sappia relazionarsi con i giovani e scoprire il loro valore. Persone di questo tipo potrebbero essere, ad esempio, coloro che sono coinvolti nella formazione sportiva, a patto che non si tratti solo di bravi allenatori di calcio, dal momento che devono saper offrire ai giovani un indirizzo e quel tipo di integrità che possano “salvarli”, perché in grado di metterli in movimento. Penso che questa situazione rappresenti una delle più grandi crisi, così come una delle più grandi sfide della nostra epoca. Riassumendo quanto detto, credo che la crisi possa generare qualcosa di più profondo, in grado di risolvere la crisi stessa.
La crisi è causata dal fatto di essere stati sordi e insensibili a qualcosa di importante e può essere superata solo quando si affronta questo limite, quando si decide di fare i conti con quella domanda che l’ha provocata. La condizione di crisi si riflette nella descrizione molto diffusa di quello che la gente prova quando dice di “sentirsi bloccata”, questa situazione si riscontra in particolare tra quei “giovanissimi”, i quali non sono stati abbastanza fortunati da trovare la loro strada e sperimentano un profondo senso di disperazione. Questo è un aspetto negativo della nostra epoca: nel passato, anche quando si attraversavano momenti di ribellione totale, veniva sempre offerta una possibilità di correzione, che era molto chiara. È qualcosa che spesso non si dà, al giorno d’oggi: questo limite e questa insufficienza si esprimono attraverso espressioni come “non so dove andare”, “non so che cosa sia veramente significativo”, “non so su cosa costruire la mia vita”. Tutto questo è molto brutto ed è stato reso peggiore dalla pandemia. In alcuni casi tale disorientamento porta addirittura al suicidio. In un certo senso, ci troviamo di fronte a una nuova sfida, che consiste nell’intercettare il bisogno dei giovani e tenere aperte delle possibilità per loro. Penso che le diverse religioni siano delle vie, dei percorsi culturali possibili per affrontare questa sfida. Di certo ce ne sono anche altri. Legittimamente molte persone possono sentirsi assai motivate da profonde, serie visioni etiche e politiche senza credere in Dio. Pur non concependo, nella loro vita, un posto per Dio e per la religione, essi manifestano una profonda consapevolezza della direzione intrapresa nella loro ricerca e si rivelano interlocutori spesso molto suggestivi e coinvolgenti per chi è animato da una fede religiosa perché, ancora una volta, è possibile riscontrare in loro un’analogia con il nostro percorso di ricerca o una direzione parallela alla nostra.
Ci sono quindi, di fatto, molti percorsi differenti. Tali percorsi esprimono non solo una ricerca di senso, ma anche di autenticità. Anche se non vi è alcuna stretta, necessaria correlazione concettuale tra l’etica che celebra l’autenticità e la secolarizzazione, è un dato di fatto che nelle società occidentali questa correlazione sia in atto da circa un secolo. Essa emerge innanzitutto nella nostra visione dell’arte. Da circa duecento anni, infatti, è sempre più importante manifestare un carattere di originalità nelle creazioni artistiche, rigettando la semplice ripetizione di schemi precedenti. Successivamente, nel corso del XIX secolo, la nozione di originalità ha assunto un ruolo sempre più centrale e adesso costituisce per noi una delle chiavi di lettura dell’intera evoluzione culturale dall’Ottocento ai giorni nostri. Lungo il percorso, questa nozione ha superato i confini dell’arte estendendosi via via alla vita nel suo complesso. In quest’epoca nasce la seguente esigenza: “voglio trovare la mia direzione, voglio trovare ciò che veramente mi esprime”. Sono certo che questa prospettiva, secondo la quale anche la vita spirituale, non solo quella artistica, sarebbe caratterizzata da un orientamento personale (non solo per ciò che concerne la forma della mia vita, ma anche – a livello più profondo – la sua direzione religiosa e spirituale), abbia contribuito a inaugurare questo cammino. Non possiamo rinvenire dei riferimenti filosofici significativi che spieghino questo indirizzo (secondo il quale ciascun essere umano avrebbe una sua “propria misura”) dal momento che, dal punto di vista filosofico, esso è stato formulato in tempi relativamente recenti, ossia alla fine del XVIII secolo. Penso che questo sviluppo della nostra epoca confluisca con molta naturalezza in quella che ho definito come “la cultura dei cercatori”.
Fonte: https://www.avvenire.it/