Il presidente americano, Donald Trump, è arrivato a minacciare di “chiudere” i social dopo che Twitter, per la prima volta nella sua storia, ha fatto un fact-checking ai suoi cinguettii, giudicando le dichiarazioni del capo della Casa Bianca “infondate”.
“I Repubblicani ritengono che le piattaforme di social media mettano a tacere totalmente le voci dei conservatori. Le regoleremo con forza o le chiuderemo prima di poter permettere che ciò accada”, ha reagito Trump, usando sempre Twitter, il suo social prediletto. “Abbiamo visto quello che hanno tentato di fare senza risucirci nel 2016. Non possiamo permettere una versione più sofisticata di quello…”, ha poi aggiunto.
Trump ha accusato Twitter di “interferire nelle presidenziali del 2020” e di “sopprime la libertà di espressione”. “Io come presidente”, ha ammonito, “non consentirò che accada”. A scendere in campo contro il social, guidato dal miliardario Jack Dorsey, è stato anche il direttore della campagna per la rielezione di Trump, Brad Parscale, che ha accusato Twitter di faziosità, insieme a tutta la Silicon Valley.
“Non c’è alcuna possibilità (ZERO) che le votazioni per posta siano qualcosa meno di una sostanziosa truffa”, aveva cinguettato Trump rilanciando la sua offensiva contro il voto per posta che alcuni Stati stanno implementando come misura precauzionale contro la diffusione del Covid-19.
A meno di sei mesi dall’Election Day, lo scorso 11 maggio, Twitter aveva fatto sapere che avrebbe allertato contro la possibile disinformazione, impedendo l’utilizzo della sua piattaforma per “manipolare o interferire nelle elezioni o in altri processi civici”. Sotto il tweet di Trump è dunque comparso il punto esclamativo di allerta che rinviava alla verifica delle informazioni.
“Trump ha fatto dichiarazioni infondate sostenendo che il voto per posta comporterà brogli da parte degli elettori” o “elezioni falsate”, è stata la conclusione del social media che ha confrontato le asserzioni del comandante in capo con quanto riportato da alcune fonti di stampa e in particolare da Cnn e Washington Post, ovvero due tra le testate più detestate dal presidente americano.
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Fonte: estero agi