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Centrosinistra: si allarga faglia su esteri. ‘Muro’ M5s su Renzi

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C’è un elefante nella stanza del centrosinistra: si chiama politica estera. Dalle armi all’Ucraina alle prossime elezioni statunitensi, gli aspiranti alleati del campo progressista stentano a trovare punti in comune. Che la strada sia tutta in salita lo dicono anche le diverse sensibilità che si registrano all’interno del Pd dove alla linea della maggioranza, contraria all’utilizzo delle armi fornite a Kiev per colpire postazioni russe oltre il confine, fa da controcanto quella dell’ala riformista che, soprattutto nelle ultime ore, è tornata a chiedere un salto di qualità nel sostegno all’Ucraina. Sulla stessa lunghezza d’onda della minoranza dem si trova Azione che, con Carlo Calenda, sottolinea che “sull’Ucraina stiamo dando un’immagine dell’Italietta, che dà un colpo al cerchio e uno alla botte, che non è capace di capire che il sostegno netto all’Ucraina è il modo per allontanare la guerra dai confini dell’Europa”. E anche da Italia Viva, viene spiegato, la posizione di Matteo Renzi rimane favorevole al pieno sostegno a Kiev. “Stop armi a Israele, riconoscimento della Palestina e sanzioni ai coloni”, sono le richieste di Conte agli alleati assieme a “forme di intervento alla Corte internazionale di Giustizia” e il ritiro dell’ambasciatore italiano a Tel Aviv. Assieme all’Ucraina, si va allargando la distanza che separa M5s da Pd, Azione e Iv sulle prossime elezioni statunitensi. Nel Pd, così come in Azione e Italia Viva, desta perplessità quella che viene ritenuta una “equidistanza” di Conte fra i due candidati. “Se non appoggi Harris, ti fanno il test di progressismo”, sono state le parole di Conte alla festa nazionale del Pd, solo due giorni fa: “Harris ha responsabilità sulla linea Usa in Medio Oriente. Io sono per misurare la Harris, se dovesse vincere le elezioni, quando imposterà un percorso di pace”. E oggi, dopo avere ribadito che non si può definire “un pericolo per la democrazia” chi è eletto legittimamente dai cittadini, “fossi stato a Palazzo Chigi, mi sarei incazzato per la piega che sta prendendo la politica estera e mi sarei fatto sentire con gli altri leader. Con gli Stati Uniti, sei uno scendiletto o sei un alleato? Io ho sottoscritto la via della Seta facendo incavolare Trump, e dicono che sono amico di Trump”. Al contrario, aggiunge Conte, “appena arrivata al governo, Meloni ha cancellato l’accordo. Poi, siccome gli imprenditori italiani si sono arrabbiati, è andata in Cina con il cappello in mano a chiedere di sottoscrivere un accordo”. Qualche differenza in meno si registra sul tema del Medio Oriente, sul quale tutti – seppure con accenti diversi – segnalano la necessità di arrivare a un cessate il fuoco a Gaza, alla liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, lavorando in una prospettiva due popoli-due stati che garantisca il diritto a esistere di Israele così come dei palestinesi.
Distanze, quelle tra Pd, Azione e M5s che sono state ribadite anche nel corso di un panel a porte chiuse che si è tenuto oggi al Forum Ambrosetti. Ai temi di politica estera, tuttavia, si aggiungono altri nodi, che riguardano l’Italia. L’ultimo botta e risposta è quello fra Carlo Calenda e Angelo Bonelli riguardante l’energia nucleare, considerata da Calenda come chiave di volta per abbattere le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera e raggiungere la piena autonomia energetica. “Quel che è certo è che Azione non entrerà in una coalizione in cui non ci sono idee chiare su come affrontare la transizione energetica, superando il Green Deal, optando per il nucleare, e sulle riforme, che è un tema ineludibile che si sta declinando male”, dice Calenda. Immediata e netta la risposta di Bonelli: “Può anche allearsi con la destra”. Quella che sembra configurarsi, insomma, è una polarizzazione interna al centrosinistra, con la sinistra rappresentata da M5s e Avs da una parte e il centro di Azione e Italia Viva, dall’altra. Nel mezzo, il Partito democratico. A tutto questo, poi, si aggiunge il ‘niet’ a Renzi opposto da Giuseppe Conte, lo scetticismo di parte della sinistra e di pezzi del Pd all’ingresso dell’ex rottamatore nel perimetro dei progressisti, nonchè le fibrillazioni che questa prospettiva produce nella base dem: rimangono agli atti i fischi della pleatea dem a Paolo Gentiloni che, durante la Festa nazionale dell’Unità, apriva aal leader Iv. A suggerire lo strumento per stare insieme è Riccardo Magi, segretario di Più Europa: “E’ necessario stabilire un tavolo programmatico permanente tra le forze di opposizione che consenta di recuperare credibilità e fiducia con l’elettorato, spiegando gli obiettivi politici ai cittadini”. La segertaria Elly Schlein continua a predicare unità e a dirsi fiduciosa sulla riuscita del lavoro di costruzione della coalizione. I dem, stando a quanto viene spiegato, confidano che così come è stato per le europee, sarà il passaggio elettorale nelle tre regioni al voto in autunno – Umbria, Emilia-Romagna e Liguria – a dare una spinta al cantiere di centrosinistra. E oggi, al termine di un panel al Forum Ambrosetti assieme a Conte e Calenda, Schlein sottolinea: “Sono molto felice di aver partecipato a questo confronto, credo che siano emerse anche alcune piste di lavoro comune, ad esempio abbiamo parlato di sanità pubblica, di congedi paritari, di politica industriale. Anche con Calenda e Conte è emersa la stessa critica che facciamo noi: la transizione 5.0 che è arrivata con enorme ritardo e senza dare continuità”. Stesso ragionamento lo fa Calenda: “Ci sono argomenti – sanità, salari, scuola – sui quali lavorare insieme è possibile e doveroso. Fine”. E anche Conte sottolinea: “Noi con Pd e Avs stiamo lavorando stiamo cercando mattone dopo mattone di costruire un progetto alternativo”. (AGI)
MOL