Le rivelazioni-bomba in un libro di Riccardo Ferrigato delle edizioni San Paolo, basato su documenti inediti. La bozza della lettera ai terroristi diceva no a “condizioni imbarazzanti” per favorire un canale nascosto attraverso il cappellano delle carceri e altri emissari della Caritas
Di Francesco Anfossi fonte@famigliacristiana.it
“Liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente e senza alcuna imbarazzante condizione”. Quando nel marzo 1978 Paolo VI scrive di suo pugno una lettera agli “uomini delle Brigate Rosse”, che da 36 giorni tengono prigioniero il presidente della Dc dopo aver massacrato gli uomini della sua scorta, la redige con quest’aggettivo: “imbarazzante”.
I retroscena della famosa e controversa lettera del pontefice sono contenuti, insieme ad altri documenti inediti, nel libro di Riccardo Ferrigato “Non doveva morire, come Paolo VI provò a salvare Moro”, scritto per le edizioni San Paolo, che verrà venduto a maggio nelle librerie e nelle edicole in allegato a “Famiglia Cristiana”, in occasione dei 40 anni dall’uccisione dello statista.
Quell’aggettivo scomparve nella versione definitiva, corretta sotto dettatura dal segretario del Papa don Pasquale Macchi. Un tratto di penna cancellò le parole “alcuna imbarazzante”. La versione definitiva fu: “Vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Moro, semplicemente, senza condizioni”. Montini decide di assumere su di sé l’umiliazione di prostarsi e mettersi “in ginocchio” di fronte ai carnefici delle Br pur di salvare il presidente della Dc.
Ma è sulle parole successive che si è scatenato un mistero che non cessa ancor oggi di interrogare gli studiosi e su cui Ferrigato aggiunge un tassello fondamentale. Su quel “senza condizioni” si sono scritti fiumi di inchiostro. La moglie di Moro Eleonora sospettò che quella frase, “senza condizioni”, che di fatto non contemplava alcuna trattativa tra Stato e terroristi e addirittura secondo la brigatista Laura Braghetti fece precipitare la situazione, gli fu fatta aggiungere e non era nel suo pensiero originale. Lo stesso capo delle Br Moretti disse che appreso della lettera Moro si sentì perduto.
Il giornalista Corrado Guerzoni, addetto stampa di Moro, dirà che la correzione arrivò per ordine di Andreotti, allora a capo del Governo “credo attraverso padre Macchi o il vicedirettore dell’osservatore Romano”. Anche il figlio di Moro Giovanni esprimerà la stessa convinzione. Nel film “Buongiorno, notte” di Marco Bellocchio, si vede Montini intento a modificare il messaggio dopo aver ricevuto un bigliettino con l’intestazione “Presidenza del Consiglio”.
“Per quanto riguarda l’intervento diretto del presidente del Consiglio”, scrive Ferrigato, “è improbabile che Andreotti potesse influire su un documento di questo genere, tantomeno esigere l’utilizzo di particolari espressioni. Sappiamo però, dal racconto di Pasquale Macchi, che il testo venne inoltrato ad Agostino Casaroli”.
Ferrigato esclude che Casaroli si fosse consultato con Andreotti. La considerazione è basata su un altro importantissimo documento a conoscenza dello studioso: una fotocopia della bozza della lettera di Montini alle Br. Secondo le conclusioni di Ferrigato il testo è di Montini, mentre le correzioni sono di Agostino Casaroli. Ce ne sono parecchie nella bozza rinvenuta dallo studioso e non mancheranno di innescare un dibattito tra gli storici.
“Scrivere liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza alcuna imbarazzante condizione, come fa nella prima stesura”, conclude l’autore del libro, “sembra sottintendere un possibile avvio di trattativa condizionato a richieste non imbarazzanti dei terroristi. E’ evidente però che qualsiasi condizione posta pubblicamente dalle Br sarebbe divenuta imbarazzante quanto avviare un’aperta trattativa con un gruppo accusato di strage e di tentata sovversione dell’ordine democratico. Ma l’imbarazzo nasce negli occhi degli altri, quando qualcuno ti sorprende a fare qualcosa di privato o di proibito, non quando agisci in segreto. Al buio cade ogni vergogna. Paolo VI sta quindi proponendo una trattativa segreta, come in effetti è quella che il appellano delle carceri Curioni tenta di intavolare da più di un mese.”
Quell’aggettivo, imbarazzante, insomma significava “pubblicamente”. Bisognava agire in segreto per salvare la vita di Moro. “Difficile intuire se il Papa stia qui ancora svolgendo il ruolo di mediatore – indicando la via per arrivare a discutere il rilascio con il governo – o se si stia inserendo nella vicenda come diretto interlocutore delle Br. Il coinvolgimento della Caritas e l’impegno segreto in vista del pagamento di un riscatto ci fanno propendere per questa seconda ipotesi”.