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Carlo Ferreri, tre aggettivi: curioso, paziente, ironico

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Di Claudia Lo Presti

 

Attore, regista, speaker trainer e insegnante di recitazione, Carlo Ferreri lavora per teatro cinema e televisione dal 1990, la sua biografia rimanda ad una pletora di grandi attori e registi.

Inserito stabilmente in compagnie primarie come lo Stabile di Trieste, lo Stabile di Catania, gli Artisti associati di Gorizia,ha girato in numerose tournée nazionali. Decine le partecipazioni in cinema e tv, diretto da grandi maestri in film tv come “I 57 giorni”, “Il capo dei capi”, “Borsellino”, “Una sola debole voce”, “I cento passi”, “Il giovane Montalbano”. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti con il ruolo protagonista nel mediometraggio “Motore!” di Alessandro Marinaro, vincitore de La 25ora di La7 e come miglior attore al Quadra FilmFest. Impegnato come protagonista di alcuni importanti spot nazionali, Calcio Catania e Galbani; inoltre protagonista nei panni di Mauro per il film di Alessandro Di Robilant “Mauro c’ha da fare”. Occupato in regie teatrali di grande successo: lo spettacolo pluripremiato “Morir di fama” di e con Evelyn Famà e “Libero Amleto” con Saro Minardi.

 

– Carlo Ferreri, ha da poco concluso le repliche di un lavoro scritto da Valentina Diana, di cui lei ha curato la regia, dirigendo Massimo Leggio: ce ne vuole parlare?

 

≪Valentina Diana e’ un attrice e drammaturga che vanta diverse pubblicazioni per Einaudi e questa raccolta dal titolo “Tre monologhi” contiene lo splendido testo “L’eternità dolcissima di Renato Cane”. Un gioiello che sfruttando le possibilità della tragicommedia esplora le vite di figure che ruotano attorno alla vita di Renato cinquantenne di professione informatore medico che scopre di essere gravemente malato. Condizione gli apre inaspettatamente nuove opportunità di scoperta e conoscenza. Il cambiamento come metafora e opportunità mi ha sedotto e provocato per la realizzazione di uno spettacolo che ha molti livelli di lettura, che commuove e diverte contemporaneamente. Massimo Leggio ne e’ uno straordinario interprete, il lavoro ha riscosso enormi consensi durante il primo ciclo di repliche ché proveremo a farlo circuitare nella prossima stagione.>>

 

– Lei è apparentemente calmo, ma sembrerebbe nascondere energie in continuo movimento; dunque, le chiedo a quali progetti si sta dedicando…

 

≪L’energia è inevitabile per un attore, direi più in generale per un artista. La calma apparente a cui lei allude in realtà è una forza che precede o segue l’azione, una forma di concentrazione in attesa dell’attivazione. Nella psicologia applicata allo sport (materia che amo molto)il concetto di attivazione è fondamentale: in teatro se ne occuparono i grandi teorici del primo Novecento, in particolare Mejarhol’d parlava di biomeccanica applicata al teatro, di impulsi e reattività rielaborando gli studi sui riflessi di Pavlov.

Una lezione gigantesca purtroppo in Italia dimenticata o rimossa.

E pensare che Mejarhol’d in quelle pagine meravigliose citava spesso la Duse e l’attore siciliano Giovanni Grasso. Per tornare alla sua domanda, mi sto dedicando allo studio di un testo di Gaber/Luporini poco rappresentato di cui curerò la regia.Con l’attore Massimo Leggio e con altri storici collaboratori stiamo pianificando diverse attività all’interno dello spazio Casamatta a Ragusa e ci stiamo confrontando con diverse piccole realtà culturali per collaborazioni future.>>

 

– Lavorando come attore in teatro, tv, al cinema; regista, direttore artistico; speaker, trainer: lei dimostra di essere versatile e poliedrico perché bene le riesce ogni cosa che fa. Si ritiene soddisfatto?

 

≪La ringrazio di cuore per questo complimento.

Io nasco per formazione ed esperienza come attore ma, dopo decenni di professionismo in giro per l’Italia a fianco e guidato da autentici giganti, ho sentito la necessità di trovare un mio percorso e mettermi in gioco come regista.

La regia ha dinamiche e tempi di elaborazione molto lunghi, spesso servono anni di studio per affrontare un testo o una scrittura di scena. Non riesco infatti a comprendere come si possano affrontare piu’ di due regie all’anno e per quanto disapprovo questa consuetudine provo un pizzico di sana invidia per quei colleghi che ne firmano dieci.>>

 

– Vorrebbe fare un esempio per rendere più chiaro il suo pensiero?

 

≪Quando nel 2020 ho affrontato “L’uomo la bestia e la virtù” – che ritengo sia il testo piu’ importante di Pirandello -, il periodo di lavoro con gli attori e’ durato trenta giorni ma la ricerca attorno a questo capolavoro mi ha accompagnato per piu’ di dieci anni. Peter Brook scriveva che uno spettacolo o si prova una settimana o per 6 mesi minimo. Il margine di soddisfazione è assai sfuggente in ragione del medesimo principio che se si vince una partita bisogna gioire ma rimettersi subito in gioco.>>

 

– Qual è la sua idea di cultura, oggi in Italia? Dal 1990, anno di inizio della sua carriera artistica, come è cambiata la proposta culturale? e il pubblico?

 

Dalla fine degli anni ‘80 sono cambiate tante cose. Succedeva un tempo che in Sicilia, in Italia in generale, ci confrontavamo e conoscevamo di persona tanti maestri; io, tra gli anni ‘80 e ‘90 ho avuto il privilegio di conoscere dei giganti della scena.

Un’esperienza che ancora vibra e si trasforma dentro di me nel mio bagaglio emozionale è quella del laboratorio su scrittura di scena che tenne a Catania Enzo Moscato. E sempre a Catania nel 1998 conobbi Jiudith Malina, co-fondatrice del living e con lei discutevamo pomeriggi interi sull’ Antigone di Brecht e sulla funzione della parola e del corpo.

Maestri di questo livello non hanno eredi o epigoni ma solo emuli, inadeguati scopiazzatori della domenica.

In quegli anni a Catania, registi come Puggelli, Calenda, Pugliese ci trasmettevano il rigore e il mestiere!

In quegli anni il Piccolo di Gianni Salvo ci faceva conoscere il teatro dell’est con spettacoli e convegni di altissimo livello in cui incontravi e potevi ammirare attori del calibro di Valentina Fortunato, Fiorenzo Fiorentini, Sbragia, Rosalia Maggio, Adriana Asti, Paolo Giuranna, Elio Pandolfi, Daniele Formica e decine di artisti che si sentivano privilegiati a calpestare le tavole magiche di via Ciccaglione.>>

 

– Oggi non è più così?

 

≪Oggi la proposta teatrale si è impoverita perché si occupa di quantità e botteghini e non di qualità! Oggi il teatro e’ ostaggio della politica e dell’assistenzialismo ministeriale!

L’ aggravante è che i soldi che circolano non ricadono quasi mai nelle tasche di quei poveracci attori totalmente schiavizzati e in stato di abbandono. I linguaggi teatrali sono spariti a favore di testi da finta denuncia sociale; tutti parlano di diversità ma accettiamo demenziali finti cambiamenti solo sulla grammatica;

l’omologazione si e’ impadronita di molti artisti e l’esibizionismo ha sostituito l’esibizione.

Mi duole essere negativo, ma non posso e non voglio fare sconti alla verità: rispetto a quegli anni si assiste ad un medioevo culturale dove il non professionismo di corpi esibiti e idee banali ha preso il sopravvento…≫

 

– Se c’è un risentimento, a carico di quale espressione lei ritiene debba rintracciarsi? tv, cinema, teatro?

Questi mezzi di per sé sono straordinari ma dipende da come si usano e che progetti si sviluppano.

≪TV cinema e teatro sono solo mezzi.

Il risentimento piuttosto è verso un sistema marcio e moribondo che usa questi strumenti per fare propaganda e non per sperimentare linguaggi o veicolare messaggi.

Il mezzo e’ messaggio diceva McLuhan e i primi decenni la nostra TV di stato ha sperimentato e giocato con i segni.

Ricordiamo Nanni Loy, Arbore, Soldati, Gregoretti e tanti altri artisti che ci hanno mostrato una strada virtuosa da seguire.

I registi di varietà scritturavano ballerini e coreografi di livello, cantanti importanti come Mina e Gaber, Rascel e Bramieri e il teatro in TV aveva uno spazio ludico e didattico .

Dagli anni 80 in poi sia le TV di stato che le private hanno seguito un altra strada trasformando il mezzo in fabbrica di talk show e talent per falliti, informazione H24 terroristica e stordente. Insomma la società dello spettacolo che aveva immaginato Guy Debord tristemente avverata.>>

 

– I moderni modi di comunicare attuati dalle piattaforme crede siano di ausilio per ricomporre una informazione culturale compatta oppure, al contrario, immettono confusione mescolando le immagini e la letteratura e abilitando uno spettatore con qualità diverse da quello tradizionale?

 

≪Le piattaforme stanno sostituendo altre forme di incontro sociale dal vivo. Per onestà dico che alcune serie TV spagnole o americane sono di livello altissimo proprio perché pensate per quel tipo di fruizione. Trovo invece sbagliato mortificare la distribuzione in sala per consumare subito i film nel piccolo schermo.In generale il pericolo è la passività legata allo stare chiusi in casa tra schermi e cibi a domicilio…lo spettatore del 2023 e’ agli arresti domiciliari autoinflitti.Tutto questo non favorisce la crescita di uno spettatore teatrale che oggi non regge i due atti ne tantomeno i tre atti.

Io per primo prediligo gli atti unici, testi della durata massima di 100 minuti, intervallo compreso.>>

 

 

 

– La condizione dell’attore oggi?

 

≪La situazione è drammatica perché sono venute meno le condizioni basiche per svolgere dignitosamente questo lavoro.

Le compagnie private sia piccole che grandi non pagano le prove che durano dai 20 ai 40 giorni, contravvenendo in maniera plateale e illegale alle regole pattuite e sottoscritte del contratto nazionale dei lavoratori dello spettacolo.

Nei due anni di pandemia abbiamo lottato con le unghie per ricompattare la categoria e fare valere i nostri sacri diritti ma alla ripresa delle attività tutto e’ tornato tristemente come prima.

Cinquanta giorni di lavoro fisico e mentale ci vengono pagati al minimo sindacale solo 20 e se la matematica non e’ un opinione alla fine si percepiscono circa 500 euro al mese.

Altri mestieri per i quali non occorre una preparazione facitosa e lunga permettono guadagni assai più alti: ognuno tragga le proprie conclusioni e soprattutto si assuma delle responsabilità.

Io personalmente non accetto piu’ scritture senza prove pagate e cachet dignitosi dunque mi rendo conto che per quasi tutti costo troppo.>>

 

– L’attore e’ un essere fragile e ricattabile?

 

≪Già…l’unico modo per difendersi e’ l’autoproduzione o trovare spazi in progetti di cinema e TV dove la situazione e’ sicuramente piu’ professionale.

In Sicilia, esiste un parco attori di ottimo livello,grandi scenografi e molti musicisti di valore; vantiamo tecnici, fonici attrezzisti e datori luci di altissimo livello; costumisti e  sarti siciliani che ci invidiano tutti per bravura e impegno.

Insomma voglio ribadire che nonostante il mio pessimismo sullo stato dell’arte non mancano di certo gli artisti e le maestranze di valore.

Il settore soffre non per mancanza di talenti ma per mancanza di onestà e visione complessiva.>>

 

– Ultima domanda….il teatro di regia è in buona salute?

 

≪Lo spettacolo piu’ bello che ho visto quest’anno a Catania è stato “Funerale d’inverno” con la regia di Armando Pugliese, genio incostrastato per mestiere e bravura. E ahimé, non si e’ compiuto un ricambio generazionale adeguato. Inoltre i registi prediligono gli effetti che spesso coprono i difetti. La scrittura di scena èimportantissima soprattutto oggi che la figura del primattore mattatore è scomparsa.

Oggi con tutto il rispetto non esiste un attore come Salvo Randone o come Gianrico Tedeschi, che ho avuto l’onore di affiancare -:

mostri sacri “padreterni della scena” – come li definiva Sergio Tofano – che da soli restituivano poesia e senso. In assenza del mattatore la figura del regista e’ tornata centrale.

A questo proposito,  mi piace segnalare il gruppo teatrale “Carrozzeria Orfeo” che fa delle regie collettive meravigliose.>>

 

… Non gode dunque di buona salute, mi sembra di capire…?

 

≪In generale il teatro che si propone oggi è di una noia mortale se paragonato alla freschezza e l’imprevedibilità di altri eventi dal vivo per lo più legati allo sport o alla musica.

Poi il tedio raggiunge vette inarrivabili con i progetti a sfondo sociale antropologico peggio se politico.

Il teatro vivo e frizzante è di per sé un atto politico nel suo svolgersi e nelle emozioni catartiche che eventualmente trasmette.

Il lavoro nel sociale semmai ha un senso lavorando insieme alle categorie disagiate ma senza l’equivoco dell’esibizione.

Lo stesso Brecht che si scagliava contro un teatro consolatorio e digestivo e che rappresentava la linea marxista non trascurava mai l’aspetto creativo e musicale .

Tutta la commedia dell’arte e’ politica senza mai affrontare didascalicamente i temi sociali.

Franco Scaldati dava voce agli ultimi e agli emarginati in un tripudio di poesia senza mai rimandi facili a cortei o rivendicazioni da consiglio di quartiere.>>

 

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