«La Rai deve smetterla di mandare sulle proprie reti spot ingannevoli, con il solo intento di prendere in giro lo spettatore. Il canone Rai? Non è un canone e nemmeno un abbonamento, ma solo una tassa sui prodotti radiotelevisivi. L’ennesima tassa che pesa sulle tasche dei cittadini». Marco Paccagnella, vicepresidente nazionale di Federcontribuenti, non ci sta: anche quest’anno la Rai sta facendo una campagna pubblicitaria dove non chiama le cose con il loro nome. Paccagnella ricorda una decisione della Corte europea sui diritti dell’uomo del 2009: i giudici respinsero il ricorso di un cittadino vicentino che si era visto sigillare il televisore da parte della Guardia di Finanza dopo aver chiesto alla Rai di sospendere il proprio abbonamento. La Corte, nella motivazione, spiegò come era stato«perseguito un obiettivo legittimo: persuadere gli individui a pagare una tassa». «Anche la Corte europea, pur respingendo la richiesta, ha spiegato che si tratta di una tassa e non d’altro: non si capisce perché la Rai si ostini a chiamarlo canone o abbonamento, confondendo così gli spettatori – ricorda Paccagnella – Il servizio pubblico televisivo va riformato: chiediamo una sola rete di Stato, di informazione e approfondimento, priva di spazi pubblicitari e per le altre reti rai, spettacoli, giochi, show, dibattiti e altro, il tutto finanziato completamente dalla pubblicità».