Le indagini nell’ambito delle quali carabinieri e polizia a Napoli hanno eseguito 9 misure cautelari in carcere sono nate dalla denuncia di un ristoratore di Volla che ha portato a scoprire un nuovo cartello formato dai clan. In totale, i destinatari della misura cautelare emessa dal gip Antonino Santoro sono 11, 2 dei quali sono tuttora ricercati. Al ristoratore erano stati chiesti 500 euro come rata del pizzo di Pasqua ad aprile di quest’anno; e poi anche 10.000 euro a maggio, ‘scontati’ a 5mila e minacciando anche il padre.
“I clan operativi a Ponticelli e Barra a Napoli – scrive il gip – hanno posto in essere un’azione sinergica per affermare la loro egemonia sul territorio e sulle attività economiche ivi presenti”. Infatti gli indagati, minacciando il ristoratore, ricorda “hanno detto esplicitamente ‘noi a Barra abbiamo fatto una cosa sola con Ponticelli'”. In effetti, le azioni intimidatorie contro il ristoratore e il padre sono state fatte fatte da persone affiliate o considerate vicine dagli inquirenti a tre clan, De Micco-De Marino, Aprea e Mazzarella, un patto di cooperazione che “verosimilmente cambierà l’intero scacchiere della malavita nei due partiti partenopei”. Da qui, rileva il gip, dopo le indagini dei carabinieri, “l’elevatissimo urgenza dell’emissione della presente misura cautelare“, perché “appare necessario intervenire per impedire che i propositi omicidiari manifestati nei confronti del ristoratore vengano portati a compimento ma anche per evitare che quello che appare come l’embrione del nuovo cartello criminale, possa imporsi definitivamente sul territorio innescando ulteriori azioni di sangue rispetto alle tantissime già verificatesi” in quei quartieri.
Alle evidenze investigative nate dalle indagini dei militari dell’Arma dopo la denuncia del gestore e socio del ristorante di Volla si sono aggiunte poi risultanze di intercettazioni della polizia fatta in un altro procedimento penale nel quale era monitorata l’utenza di uno degli indagati di questo fascicolo, Mario Noto. Il ristoratore è stato vittima di due diverse richieste estorsive, la prima fatta per conto degli Aprea da Cristian Alberto, Germano Iavarone e Giovanni Prisco, quella appunto dei 500 euro per Pasqua il 9 aprile 2023, persone che si sono recate più volte a casa di suo padre, e poi il 14 aprile quella di Bartolo Zuccoia e altre due persone che pretendeva 10.000 euro da consegnare “a Ponticelli“ alla famiglia de Micco di cui egli fa parte. Noto è presente quando Prisco chiede i soldi per gli Aprea, mentre nella seconda richiesta è presente anche un elemento di spicco dei Mazzarella, attraverso l’articolazione dei Di Micco, Gesualdo Sartori, uno dei due ancora ricercati dai carabinieri.
Oltre la denuncia e le testimonianze delle vittima, ci sono anche le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza del locale di Volla, consegnate dal denunciante. Il ristoratore ci tiene a far mettere a verbale di essere figlio di un esponente del clan di Barra ormai al di fuori delle logiche della criminalità organizzata e anche nipote di un elemento di spicco della cosca che poi ha deciso di collaborare con la giustizia, esplicitando anche di essersi rivolto ai carabinieri proprio perché hanno gestito bene il pentimento dello zio; l’uomo non ha nessuna pendenza con la giustizia e e si è rivolto alle forze dell’ordine nonostante il padre fosse contrario alla sua scelta.
“Non ho i 10.000 euro da versare e per tale motivo ritengo di essere in pericolo di vita”, spiega ai carabinieri. A ricattarlo tra l’altro, come poi preciserà e, in una integrazione alla denuncia il giorno successivo, è un cugino che quasi ogni settimana va a casa del padre. “Se pago l’estorsione una volta, avrei dovuto pagare tre volte all’anno come molti fanno”, dice ancora ai carabinieri. Gli estorsori inoltre vengono a sapere delle denunce fatte dell’uomo il 20 e il 21 maggio e vanno anche a casa del padre insieme a un importante esponente del clan Mazzarella chiedendo che di ritrattare la parte che coinvolgeva “quelli di Ponticelli” mentre per quanto riguardava gli Aprea di Barra “dicevano di fare come volevamo”. (AGI)
LIL