La morte del “capo dei capi” così come veniva definito il Boss mafioso fa ritornare a galla tutte le atrocità commesse. Nè il suo arresto e tantomeno la sua morte però mettono freno alla criminalità che continua con altre modalità, continua perché in giro ci sono 5 latitanti.
Il primo della lista è Matteo Messina Denaro.
La cupola con la morte di Riina dovrebbe passare lo scettro a Matteo Messina Denaro. Lo Stato dovrebbe passargli il testimone del 41 bis.
Riina stava scontando 26 condanne all’ergastolo per decine di omicidi e stragi. Era malato da anni, malanni legati all’età e negli ultimi tempi le sue condizioni erano peggiorate tanto da sottoporto due volte ad intervento chirurgico nelle scorse settimane.
Sia a Totò Riina che a tutti gli altri detenuti sono garantite le prestazioni sanitarie erogate dal Servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. 230/2000 vietando che venga richiesta alla persona detenuta o internata alcuna forma di partecipazione alla spesa per le prestazioni stesse. Questo diritto alle cure sarebbe stato sottolineato anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Molte volte però tra quello che detta la legge e la vita reale c’è di mezzo un abisso.
Totò Riina, capo della Mafia, al 41bis sono state garantite le cure come per legge. Molti però pur non avendo ucciso nessuno, solo perché in stato di insolvenza non possono permettersi neanche di avere in esenzione delle cure dentali o per aver un servizio devono produrre carte su carte.