Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei Contribuenti)
Il calcio, anche nel nostro paese, è da poco ripartito dopo la lunga sosta forzata a causa dell’esplosione della pandemia da Coronavirus. La risposta del pubblico, però, dei tantissimi appassionati sparsi lungo lo stivale, è stata davvero timida. I febbrili ritmi imposti dalle brevi tempistiche, che si sono tradotti in un’abbuffata di partite, non hanno convinto i tifosi italiani.
A rivelarlo è “Il Messagero” che, nei giorni scorsi, ha documentato il netto calo tra gli spettatori delle partite di Serie A prima e dopo il virus. Le partite giocate dall’inizio dell’anno al 24 febbraio avevano attirato 6,5 milioni di appassionati, mentre quelle disputate dalla ripatenza in poi sono state seguite “solo” da 4 milioni. Un dato davvero significativo, che si inserisce nel solco di un calo degli abbonamenti alle pay-tv, ma che è ovviamente frutto del caotico calcio post Covid. Evidentemente, anche i tanto appassionati tifosi italiani, non riescono ad apprezzare questa formula, determinata la decisione di portare a termine il campionato secondo il calendario stilato ad inizio stagione. Un’abbuffata di partite che cancella ritmi, tradizioni e rituali del tifoso, che porta alle estreme conseguenze il progressivo inginocchiamento del calcio alle logiche televisive. Una situazione, a nostro avviso, paradossale che si riflette, ovviamente, sul campo, determinando partite noiose, a ritmi bassi, pressochè prive, tranne alcune eccezioni, di fiammate entusiasmanti. Se a tutto ciò si aggiunge il funereo scenario degli stadi vuoti si capisce perchè, questo calcio, non riscuote consensi. E dire che, proprio in funzione delle “porte chiuse”, ci si poteva attendere un boom nel numero degli spettatori. Probabilmente un format diverso, come quello che avrebbe previsto playoff scudetto e playout retrocessione e di conseguenza un minor numero di partite, sarebbe risultato più gradito.
Al di là questi aspetti, a determinare il sostanziale insuccesso della Serie A post covid, è sata anche la sensazione, avvertita da molti tifosi, che non fosse il caso di tornare in campo, di giocare nuovamente. Certo, l’azienda calcio ha una certa importanza nel nostro paese, ma le beghe e le discussioni tra le società in piena emergenza sanitaria ed economica, non sono piaciute. Il diktat del ritorno in campo, forse, ha avuto il sapore di un atto fuori luogo ed innaturale, una scelta votata non al rispetto dei tifosi ma alle logiche del Dio Denaro. Forse, come dicevamo prima, il modo in cui si è scelto di ripartire è stato quello meno gradito… Quali che siano le ragioni di questa disaffezione, non possiamo non rilevare come il calcio, anno dopo anno, sia sempre più distante dalle gente, dai veri appassionati. Occorre cambiare rotta, occorre farlo in fretta… Altrimenti un futuro di stadi vuoti, stavolta per una prescisa scelta del pubblico, sarà sempre più concreto.