AGI – Una data, un luogo, un record e un uomo che scala il cielo per iniziare il suo volo leggendario. È il 13 luglio del 1985 – 35 anni fa – quando un acrobata dotato di una tecnica sublime abbatteva il muro dei sei metri nel salto con l’asta. Quel giovane-acrobata era Sergej Bubka, il mito, l’idolo, entrato nella leggenda dello sport mondiale.
Oggi quello che tutti noi abbiamo soprannominato lo ‘Zar dell’asta’ (alcuni anche ‘Sputnik’) ha 56 anni. Nella sua lunga carriera ha indossato la canottierina di tre Nazioni, Unione Sovietica (fino al 1991), Comunità Stati Indipendenti nel 1992 e Ucraina (dal 1993), ha avuto un brutto rapporto con le Olimpiadi – comunque ha vinto quella di Seul ‘88 quando era ancora sovietico – ma si messo al collo tre ori mondiali. Ha avuto l’acume di costruire il suo mito migliorando i record mondiali centimetro dopo centimetro – ha stabilito per 35 volte il record mondiale della specialità (17 outdoor e 18 indoor) – arrivando fino a superare i 6 metri e 14 centimetri all’aperto (31 luglio 1994 al Sestriere) e i 6 e 15 al coperto (21 febbraio 1993 a Donetsk).
Prima di raccontare quel 13 luglio di 35 anni fa, è d’obbligo riavvolgere il nastro della storia di un paio d’anni. Nel 1983 in appena quattro giorni la scuola francese si riprende il primato mondiale che da due anni, con 5,81, apparteneva al sovietico Vladimir Poljakov. Prima Pierre Quinon supera 5,82, poi, l’1 settembre a Roma, Thierry Vigneron sale a 5,83. Erano gli anni delle grandi sfide Francia – Urss nei cieli di quell’Europa ancora separata dalla Cortina di ferro ma soprattutto in piena Guerra Fredda.
Il 26 maggio del 1984 a Bratislava, Bubka, campione del mondo l’anno precedente a Helsinki, saltando 5,85 iscrive per la prima volta il suo nome nella cronologia del record mondiale. Quella stagione si concluse con l’appassionante ‘guerra stellare Bubka-Vigneron’ a Roma. Il sovietico si presentò alla sfida dell’anno – non partecipò ai Giochi di Los Angeles boicottate dal blocco dell’Est – fresco di un favoloso 5,90 (13 luglio a Londra). Il 31 agosto “Tin Tin”, soprannome di Vigneron da pochi giorni bronzo olimpico, si riprese il primato del mondo saltando 5,91. La misura venne fallita da Bubka che, dimostrando una eccellente intelligenza tattica, passò a 5,94 che valicò mandando in tripudio l’interno Olimpico (era ancora senza copertura).
Il 1985 fu l’anno di cambiamenti e fatti storici. Dopo la ‘nevicata del secolo’ di gennaio in Italia, il primo scudetto nel calcio del Verona di Osvaldo Bagnoli, la strage dei tifosi dell’Heysel a Bruxelles prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, i primi Accordi di Schengen, ecco quel salto sopra i sei metri.
Quasi per onorare il nuovo inquilino del Cremlino, Michail Gorbaciov, dall’11 marzo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Bubka compie l’impresa. Quell’uomo-volante poco più che ventunenne nato nell’odierna Luhansk, città nel cuore della guerra del Donbass, all’epoca Voroshilovgrad per onorare il maresciallo staliniano Kliment Voroshilov, si presentò allo stadio ‘Jean Bouin’, oggi casa della Paris Saint Germain che giace tra i campi da tennis del Roland Garros e il Parco dei Principi. La sua intenzione era chiara: valicare i sei metri.
La gara si concluse abbastanza velocemente. Superati i 5,70 al primo salto, Bubka, canottierina rossa con lo stemma dell’Unione Sovietica, pantaloncini bianchi, calzettoni bianchi alti fino al ginocchio, impugna l’asta da tre chili e lunga cinque metri e venti centimetri, e inizia la rincorsa. L’imbucata è perfetta, l’asta compie un arco perfetto e il muro dei sei metri è abbattuto. Sono le ore 18,44, Sergej: assieme a lui anche l’allenatore Vitali Petrov che successivamente portò all’oro mondiale anche l’azzurro Giuseppe Gibilisco.
Il 13 luglio è una ricorrenza importante, un po’ come quando George Horine il 18 maggio del 1912 fu il primo a valicare col ‘ventrale’ i due metri nell’alto, Jesse Owens il 25 maggio del 1935 fu il primo a superare gli otto metri nel lungo (8,13) o Jim Hines il 14 ottobre del 1968 a Città del Messico fu il primo uomo a correre i 100 metri sotto i 10” (9”95).
Da quel giorno di luglio di 35 anni fa seguirono altri dodici record del mondo (outdoor) salendo dopo i 6,05 centimetro dopo centimetro: in totale in carriera, tra indoor e outdoor, nel realizzò 35. La storia racconta che Bubka avesse deciso di centellinare le proprie performance e stabilire un record di volta in volta dato che l’Unione Sovietica premiava – lautamente – i propri atleti ogni qualvolta riuscivano a stabilire un nuovo primato del mondo. Il successivo primato, 6,01, fu realizzato l’8 luglio del 1986 a Mosca.
Dopo il 6,06 al meeting di Nizza del 1988, alle Olimpiadi di Seul c’era attesa per vedere l’assalto a 6,10 ma così non fu perché il campione sovietico – da un anno diventato padre di Sergej junior (tennista) – si limitò a centrare quel tanto inseguito oro a cinque cerchi superando 5,90. I 6,10, ultimo record marchiato ‘Urss’, vennero superati il 5 agosto del 1991 a Malmoe.
Nel 1992 Bubka fallisce alle Olimpiadi Barcellona ma in quell’estate si migliora comunque tre volte: da 6,11 a 6,13. L’ultimo acuto fu quello del 31 luglio del 1994, in altura, al Sestriere, nella cara Italia e soprattutto da ucraino con quel 6,14 che ancora oggi è record del mondo all’aperto. Per Sergej c’è anche il 6,15 al coperto del 21 febbraio del 1993 realizzato a Donetsk, la città nella quale si trasferì a soli 15 anni per seguire Petrov. Nel 2014, Renaud Lavillenie rispolvera la tradizione francese con un volo a 6,16, misura migliorata lo scorso 15 febbraio, un paio di settimane prima dello scoppio della pandemia di coronavirus, dallo svedese Armand Duplantis detto ‘Mondo’ strepitoso a valicare i 6,18.
Bubka salutò le pedane ma non l’atletica, il 4 dicembre del 2001 nel giorno del suo 38esimo compleanno (c’era anche Gibilisco). La festa fu anche l’omaggio della ‘sua’ Donetsk che creò una statua in bronzo che lo raffigura con l’asta impugnata.
Sergej si dedicò al centro sportivo da lui fondato ancora quando era atleta finalizzato ad avvicinare i ragazzi allo sport per evitare il vagabondaggio dilagante dopo il crollo del sistema sovietico. Si laureò in pedagogia, dal 2008 è membro in quota Ucraina del Comitato Olimpico Internazionale, e attualmente è vice presidente senior di World Athletics.
“Bubka era un’icona, una sorta di idolo, una persona normale e ancora oggi un atleta da imitare sotto l’aspetto tecnico perché poteva tranquillamente volare sopra i sei metri e trenta. Duplantis? Ha una grande abilità ma dal punto di vista fisico non è un fenomeno e per questo dico, tutta la vita meglio Bubka che Duplantis”. Giuseppe Gibilisco, 41 anni, siracusano, campione del mondo a Parigi nel 2003 coronato con il valicamento dell’asticella posta a 5,90 (tutt’oggi è record italiano) in occasione dei 35 anni del primo volo sopra i sei metri di un uomo nel salto con l’asta ricorda con l’Agi lo ‘Zar dell’asta’.
Gibilisco e Bubka si sono incontrati poche volte in pedana. “Quando lui finiva la carriera, io ero all’inizio. Ci siamo incontrati solo a Sydney 2000 e non eravamo nemmeno nello stesso gruppo di qualificazione – ricorda l’ex astista siciliano che per tutta la carriera è stato seguito da Vitali Petrov, già allenatore di Bubka –. Con Sergej mi sono allenato qualche volta sia a casa sua a Donetsk che a Montecarlo ma erano sedute non particolarmente esaltanti”.
Vedi: Bubka, lo zar volante, 35 anni fa fu il primo a superare i 6 metri
Fonte: sport agi