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Brexit, torna l'incubo "no deal" tra Londra e Bruxelles

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AGI – Torna la paura del “no deal”: otto mesi dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, le trattative tra Londra e Bruxelles appaiono ancora in alto mare, malgrado ben sette tornate negoziali. Ma il tempo corre. “Sono deluso, preoccupato e sinceramente sorpreso perché il primo ministro britannico Boris Johnson aveva detto a giugno che voleva accelerare i negoziati in estate. Ma a luglio il negoziatore del Regno Unito non ha mostrato nessun passo avanti, e ha mantenuto le stesse posizioni anche nell’ultimo incontro. E questo nonostante la nostra flessibilità”. Queste le parole odierne di Michel Barnier, capo negoziatore Ue per la Brexit, sono suonate come un campanello d’allarme.

Vieppiù che pure la sua controparte per il governo britannico, David Frost, ha ammesso che le vie di un accordo sembrano complicarsi sempre di più: “Il tempo sta per scadere”. È stato Barnier, in una conferenza stampa, a ricordare i margini temporali: “Quattro mesi e 10 giorni da oggi per far entrare in vigore accordo, da definire entro fine ottobre”.

Non solo: “Ogni ulteriore ritardo sulla scadenza di fine ottobre metterebbe a repentaglio il processo”, ha tagliato corto l’uomo di Bruxelles. Insomma, uno scenario no-deal sembra di nuovo a portata di mano. Nel corso dell’ultimo giro di trattative tra Regno Unito e Unione europea tenutosi questa settimana “abbiamo visto progressi solo in materia energetica, sulla partecipazione ai programmi europei e al contrasto al riciclaggio di denaro sporco”, insiste Barnier.

Ma, avverte, ci sono tanti altri capitoli fondamentali, “come la pesca” o “la protezione dei diritti fondamentali e dei dati personali”, sui quali “la sensazione generale è che si sia tornati indietro anziché andare avanti”. Il negoziatore appare sconsolato: “Non vediamo come ritardare i dossier piu’ difficili possa beneficiare al raggiungimento di un accordo”. La polemica con la controparte britannica è evidente. Il prossimo appuntamento negoziale e’ a Londra, dal 7 all’11 settembre nella speranza di raggiungere un accordo entro fine ottobre e scongiurare lo scenario ‘no-deal’.

E Londra che dice? Se, da una parte il negoziatore britannico Frost rimanda le accuse al mittente, sostenendo che l’Unione europea rende le trattative sull’accordo post Brexit “inutilmente difficili”, dall’altra parte ammette che ci sono stati “pochi progressi”. Nondimeno, dice Frost, c’è ancora “ottimismo” sulla possibilita’ di raggiungere una intesa entro la fine dell’anno.

Dopo l’uscita di Londra dall’Ue, nella fase di transizione che scadra’ alla fine di quest’anno la Gran Bretagna fa ancor parte del mercato interno dell’Unione europea e permane nell’unione doganale. Dopodiche’, se non sara’ raggiunto un accordo, le relazioni tra il Regno Unito e i 27 saranno completamente terra vergine: ambedue le parti hanno ripetutamente definito cruciale il raggiungimento in particolare di un ampio accordo commerciale che regoli le relazioni.

Ad oggi uno degli scogli più grossi per arrivare ad un’intesa è quello della pesca. Bruxelles aspira a mantenere lo status quo per quanto riguarda le quote di pesca, cosa che Londra considera inaccettabile. L’esecutivo britannico, d’altro canto, propone di negoziare le quote di sfruttamento delle risorse ittiche anno per anno, come l’Ue fa con la Norvegia.

Ma quest’ultima è parte della European Free Trade Association (Associazione europea di libero scambio, ndr), ovvero dei Paesi che accettano gli standard europei per avere accesso al mercato unico Ue. Proprio sul capitolo degli standard decisi a Bruxelles si sarebbe consumato lo strappo con Londra nei negoziati, con il capo-negoziatore inglese Frost fermamente contrario ad accettare le regole Ue sui vari capitoli in discussione, dalla pesca ai trasporti.

Barnier oggi si è rammaricato che negli ultimi turni di colloqui la squadra negoziale britannica “non abbia mostrato una reale volonta’ di avanzare” sulle questioni chiave. Il politico francese ha fatto infine riferimento a una totale mancanza di progressi in settori come la concorrenza leale, le pari opportunità, la governance dell’accordo e il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Secondo Barnier, Londra non sembra interessata a venire incontro alle richieste dell’Unione europea. “Proprio non capisco perché sprecano tutto questo tempo prezioso”, ha rincarato.

In realtà, a Bruxelles si teme che la strategia di Londra sia quella di tirare per le lunghe le trattative sui nodi piu’ problematici nella speranza di ottenere un “deal” più favorevole grazie ad una controparte messa sotto pressione dal punto di vista temporale. Appuntamento, dunque, al 7 settembre: ma a quel punto sarà davvero un match al cardiopalma.  

Vedi: Brexit, torna l'incubo "no deal" tra Londra e Bruxelles
Fonte: estero agi


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