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Bolkestein: problemi per le aziende balneari, prive di legge ad hoc per il settore.

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di Patrizia Orofino


La direttiva Bolkestein, è una legge che riguarda lo scambio del libero mercato, dei cittadini  della Comunità Europea.

Varata nel 2006, ebbe nell’immediato critiche aspre da molti parlamentari europei, per la difficoltà di applicazione da parte di alcuni stati membri, per mancanza di leggi  opportune che tutelino i diritti dei lavoratori ma anche degli imprenditori; a causa di questi dubbi iniziali, in questi anni sono state fatte modifiche per apportare migliorie della legge, con riscontri più o meno positivi.

I tre punti cardine della direttiva Bolkestein, (collaborazione e fiducia tra gli stati membri, l’eliminazione della parte burocratica e l’ eliminazione di ostacoli di stabilimento e di circolazione) hanno lo scopo di far crescere l’economia europea ed il PIL che, a dire di economisti esperti,  sarebbe un’ottima ricetta che renderebbe l’Europa forte e competitiva, rafforzando gli scambi commerciali su cui si fonda circa il 70% dell’economia europea con ovvie ripercussioni positive sull’ euro.

Sicuramente i buoni propositi della CE, non eliminano il pericolo di un effetto “dumping sociale,” ovvero della corsa al ribasso, cui è soggetta e  da non sottovalutare, in quanto la tutela e la retribuzione adeguata dei lavoratori non  verrebbe garantita. Nel nostro paese non sono ancora state emanate leggi, che tutelino nel territorio tutte le aziende del settore balneare a conduzione famigliare, che per decenni, diciamo pure per generazioni,  hanno gestito la loro attività con serietà e dedizione, dando occasione di lavoro stagionale stabile, ai loro dipendenti.

Le 30.000 imprese balneari nel territorio italiano, contribuiscono in modo importante a mantenere stabile un settore strategico con più di 100.000 lavoratori del settore turistico nostrano. Ciò che la SIB (sindacato italiano balneari) la Confcommercio e Fipe,  ribadiscono, è  l’importanza di rivedere insieme al nostro Governo, un piano di rinnovo di tutte le concessioni demaniali a favore dei gestori  di queste imprese.

Per fare questo occorre una legge che, tuteli il settore; sebbene nel 2009 il Parlamento italiano, ha abrogato la direttiva Bolkestein  permettendo che tutte le concessioni demaniali  venissero, prorogate a favore dei gestori storici, nell’ attesa però di una direttiva nazionale  che, a tutt’oggi non è stata ancora né proposta né varata.

L’Italia non ha più tempo: entro il 2020, infatti, tutti gli stabilimenti italiani potrebbero finire all’asta. Inoltre, il rischio di infiltrazioni malavitose italiane ed estere, è alto.

Ciò che il sindacato SIB e la Confcommercio hanno ribadito il 26 Agosto scorso, giornata nazionale dei balneari italiani, è proprio quella di sollecitare le istituzioni a varare una legge, che tolga le imprese ed i lavoratori da uno stato di insicurezza ed instabilità in cui versa l’intero settore. Per di più, l’articolo 42 della Costituzione Italiana garantisce il diritto di proprietà, ma senza una legge che rafforzi il patto basato proprio sulla nostra carta costituzionale, si potrebbe verificare una contesa giudiziaria senza fine.

Soluzioni possibili? Prendere esempio da paesi europei, corse ai ripari da tempo, e permettere le proroghe demaniali che in paesi come la Spagna sono state concesse sempre agli stessi imprenditori per 45 anni, così come in Portogallo per 75 anni, e in Croazia per 99 anni.

Il Governo attuale ha promesso che si occuperà del problema, garantendo  di evitare che la Bolkestein cambi lo scenario delle gestioni delle aziende balneari italiane. La SIB si augura che finalmente si passi “dalle parole ai fatti”.


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