Di Antonello Longo – Direttore Responsabile
Sono convinto che quella fra salute ed economia sia una falsa alternativa. Se la pandemia continuerà a propagarsi, tutte le attività economiche e professionali subiranno contraccolpi durissimi anche senza le limitazioni e le chiusure imposte dall’alto.
Si chiede a gran voce al governo, soprattutto da parte di Confindustria, di “non disperdere in mille rivoli”, con interventi a pioggia, la spesa in extradeficit consentita in via straordinaria dall’Europa per il bilancio statale del 2021 e le risorse del Next Generation EU (Recovery Fund), bensì di concentrare gli interventi su pochi progetti innovativi (alta velocità, digitalizzazione ecc.), gestiti, naturalmente, da grandi gruppi multinazionali il cui indotto assicurerebbe lavoro a molte imprese italiane e un rilancio occupazionale. La stessa Unione Europea ha indicato la strada dei grandi progetti infrastrutturali, precisando che la parte più rilevante va riservata al Sud.
Non discuto l’importanza della grande impresa per far crescere il sistema produttivo e creare indotto, tuttavia la pretesa di riservare i finanziamenti a mega-progetti, di cui peraltro va acclarata la sostenibilità ambientale, presenta, a mio avviso, ampi margini di rischio. E in economia è sempre buona norma diversificare il rischio.
Next Generation EU dev’essere un’occasione da non perdere per avviare un percorso nuovo nella creazione di valore sostenibile sul piano sociale: piccole e medie imprese, partite IVA, commercianti, artigiani, particolarmente colpiti dalla pandemia ancora in atto, non possono, non devono essere esclusi dai benefici dall’intervento europeo.
Nei programmi di spesa è indispensabile il giusto equilibrio. La priorità assoluta, in questo momento, è salvare la vita delle imprese e alleviare le difficoltà delle famiglie.
Nel contempo, anche nella stretta angosciosa della pandemia, è necessario programmare un percorso di trasformazione dell’esistente, facendo della crisi un’occasione di rinascita. L’obiettivo è la riconversione ecologica del sistema produttivo, che necessariamente si lega ad un cambiamento radicale dei nostri stili di vita (alimentazione, mobilità, riscaldamento) e ad un ripensamento radicale dei processi di produzione.
Né può essere trascurato e messo ai margini il vasto mondo del Terzo settore. Le varie forme mutualistiche e di cooperazione, volontariato, non profit, profit responsabili sostengono un’economia dei beni comuni che non genera accumulazione e profitto individuale ma sono rivolte a all’interesse generale del popolo e delle generazioni future.
E nessun programma di rilancio sostenibile e resiliente dell’economia del Paese può ignorare il peso ed il ruolo dei beni comuni, quei beni, cioè, di proprietà pubblica o privata, che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali e dei doveri di solidarietà sociale.