AGI – Il “Sabato della rabbia” di Beirut si è trasformato in un sabato di guerriglia urbana in cui migliaia di manifestanti hanno preso il controllo del centro della città e hanno occupato diversi palazzi del potere, a partire dal ministero degli Esteri. I cittadini, infuriati ed esasperati dopo l’esplosione al porto, hanno dato alle fiamme auto ed edifici – i pochi risparmiati dalla strage di martedì.
Oltre alla sede della diplomazia, trasformata nel “quartier generale della rivolta”, sono stati presi d’assalto anche i ministeri dell’Economia e dell’Ambiente così come la sede dell’associazione delle banche. Non ce l’hanno fatta invece a raggiungere il Parlamento protetto da un cordone di sicurezza di polizia ed esercito. Il primo bilancio degli scontri è pesante: un morto (un agente) e 172 feriti, di cui una sessantina ricoverati.
La rabbia della piazza non ha risparmiato nessuno. “Siete tutti assassini”, hanno ripetuto i cittadini, che si sono presentati con i manichini dei principali “imputati” per la tragedia nel porto e per il fallimento di Stato: il presidente Michel Aoun, il premier Hassan Diab e il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. “Tutti da impiccare”. E di Aoun sono stati dati alle fiamme anche i ritratti custoditi al ministero degli Esteri. “Hezbollah terrorista”, hanno protestato in centinaia, scatenando l’ira dei militanti islamisti che hanno tentato di sfondare il cordone della polizia e attaccare i ribelli. Non ci sono riusciti.
E mentre la piazza bruciava, il premier Hassan Diab, in un discorso alla nazione tentava di gettare acqua sul fuoco. “La strage al porto non resterà impunita”, ha assicurato. Inoltre lunedì 10 presenterà al Parlamento la “richiesta di elezioni anticipate” da organizzare entro due mesi. Il bilancio dell’esplosione è stato infine aggiornato a 158 morti, 6.000 feriti e 21 dispersi
Vedi: Beirut in rivolta, assalto ai ministeri
Fonte: estero agi