Bankitalia conferma le ultime stime di crescita: nel Bollettino economico, si legge che il Pil crescerà dello 0,6% quest’anno. Gli esperti di palazzo Koch stimano poi un Pil dell’1,0% nel 2025 e dell’1,2% nel 2026 “beneficiando della ripresa dei redditi reali e della domanda estera”. Escludendo la correzione per le giornate lavorative, l’incremento del PIL sarebbe pari allo 0,8% nel 2024, allo 0,9 nel 2025 e all’1,3 nel 2026.
Nel Bollettino, inoltre, si definiscono per ora “limitati” i rischi che il recente aumento dei costi di trasporto marittimo per effetto delle tensioni in Mar Rosso si traduca in forti pressioni inflative. “Anche in uno scenario particolarmente pessimistico – si legge – in cui i noli marittimi si stabilizzassero su livelli superiori al picco raggiunto in aprile, si assisterebbe a un rialzo dell’inflazione al consumo nell’area dell’euro pari al più a 0,3 punti percentuali. Uno scenario meno pessimistico, in cui i noli ritornassero sui livelli precedenti le tensioni entro la seconda metà del 2024, indurrebbe un aumento dell’inflazione al consumo al massimo di 0,15 punti percentuali”.
Confermata inoltre la frenata dell’inflazione, all’1,3% per quest’anno “principalmente per il contributo negativo della componente energetica” ma poi il tasso risalirà “fino all’1,7% nel 2025 e nel 2026”.
Secondo le stime di Bankitalia, l’inflazione di fondo, sostenuta dalla dinamica dei costi unitari del lavoro, si collocherebbe al 2 per cento nella media di quest’anno e scenderebbe all’1,7 nel prossimo biennio.
L’occupazione, invece, “crescerebbe a un tasso corrispondente a circa la metà di quello del valore aggiunto: la produttività tornerebbe ad aumentare dopo tre anni di contrazione. Il tasso di disoccupazione scenderebbe lentamente, collocandosi al 7,4 per cento nel 2026”.
Ciò detto, i rischi per la crescita “sono orientati al ribasso; derivano da un impatto della restrizione monetaria più accentuato del previsto, da effetti più marcati della riduzione degli incentivi al comparto edilizio e dalla possibilità che la debolezza del commercio mondiale persista più a lungo rispetto a quanto stimato. I rischi sull’inflazione sono invece bilanciati”. (AGI)