I tassi d’interesse praticati dalle banche italiane alle imprese sono tornati al livello dell’era Lehman-Subprime. Lo scrive il Centro studi di Unimpresa in un documento nel quale rileva che a distanza di 15-16 anni, in Italia, si è creata una situazione simile dal punto di vista del mercato del credito: la fiammata dei tassi sta causando una forte diminuzione della domanda di prestiti e una consequenziale, enorme riduzione delle erogazioni da parte delle banche.
Lo scorso agosto, al picco degli ultimi mesi, la media dei tassi sui finanziamenti bancari destinati alle aziende, quelli fino a 1 milione di euro, aveva raggiunto il 5,62% che si confronta con il 6,47% di ottobre 2008 (l’era dei mutui subprime americani) e il 5,99% di dicembre 2007 (poco dopo la bufera scatenata dal fallimento di Lehman Brothers). Quel doppio terremoto finanziario, nato negli Stati Uniti ma con ripercussioni rilevanti anche in Europa, provocò un pesante credit crunch e una lunga fase recessiva fino all’indebolimento dell’euro a cavallo tra il 2011 e il 2012. “Quanto accaduto negli ultimi mesi, con il repentino rialzo del costo del denaro, portato da livello zero al 4,5% in poco più di un anno, dimostra la necessità di arrivare, in tempi brevi, a un radicale modello di funzionamento delle istituzioni politiche ed economiche dell’eurozona: se, infatti, l’inflazione sta calando, seppur a un ritmo assai più contenuto rispetto agli auspici di luglio 2022, non possiamo sottacere gli effetti negativi che i tassi d’interesse stanno cagionando sul versante del credito bancario, quindi sugli investimenti delle imprese e sui consumi delle famiglie. Il rischio che si arrivi a fiaccare la ripresa, portando la nostra economia, e non solo quella, su un terreno negativo, è sempre più alto”, commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. (AGI)
RED/MAN