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Bagliori di speranza, tra metodismo e Giubileo

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di Danilo Di Matteo

Il 7 dicembre scorso a Pescara si è svolta una conferenza inaugurale del nuovo locale di culto metodista, con la presentazione, da parte di Alessandria Trotta, moderatora della Tavola valdese, e del pastore Luca Anziani, presidente dell’Opera metodista in Italia, del volume Metodisti in Italia (Claudiana), curato da Daniele Garrone, Paolo Naso, Silvana Nitti (Postfazione di Andrea Riccardi).

Nella temperie risorgimentale, due rami del metodismo si innestarono nel nostro Paese: quello episcopale (americano), volto soprattutto a promuovere una rivoluzione culturale e religiosa che seguisse quella politica, e quello wesleyano (britannico), tendente soprattutto a una conversione dal basso, del “popolo minuto”.

Un momento di speranza, che dovette presto conoscere le mille insidie e difficoltà che si frappongono a propositi del genere. Eppure quel bagliore ancora getta luce.

E che dire del Giubileo cattolico? Fu Celestino V, l’eremita del Morrone, nel cuore del medioevo, a istituire un momento universale di perdono e di conversione. Lì si situa l’inizio della pratica dell’Anno santo, sulle orme del Giubileo biblico. Tanto che i suoi successori ne intuirono le formidabili potenzialità, anche di potere.

E oggi la Chiesa di Francesco prova a riscoprirne il messaggio evangelico e la sua portata, in un mondo (post)globalizzato, di evento di condivisione, oltre muri e steccati, con l’apertura alle “periferie” dell’umanità. Un altro bagliore di speranza, pur fra mille e mille orrori e turbolenze.