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Aznar: «Gli sconsigliai di entrare in politica Ma è stato un leader di talento e visione»

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L’ex premier spagnolo: «Mi disse che voleva fare il politico un anno prima di candidarsi e che non aveva mai fallito in nulla Le nostre lotte? L’Iraq, il nuovo Ppe, la Costituzione europea»

di Andrea Nicastro

Il momento storico Era fra i pochi capaci di leggere il momento storico, avere la volontà di intervenire e farlo Le barzellette Ridevo alle barzellette di Silvio ma non ne ricordo nemmeno una, lui faceva la sua vita, io la mia
José Maria Aznar e Silvio Berlusconi sono stati primi ministri di Spagna e Italia più o meno negli stessi anni. Ma sono stati anche amici: vacanze assieme a Villa Certosa, Silvio testimone di nozze di una figlia di Aznar. Vertici di Stato e weekend in costume da bagno.
Presidente Aznar, come ha conosciuto Silvio Berlusconi?
«Io ero a capo del Partito popolare spagnolo e lui un imprenditore italiano di successo. Io all’opposizione e lui neanche in politica. Era il 1993, l’anno precedente la sua prima candidatura, nessuno si immaginava un passo del genere. Non ci eravamo mai visti e chiese di incontrarmi. Lo ricevetti e lui mi disse subito: “Voglio fare politica”. Ero perplesso, cercai di capirne le ragioni e, in sostanza, di scoraggiarlo. “Chi te lo fa fare? Prendere voti non è come fare affari”. È evidente che non riuscii a convincerlo. Berlusconi non fu mai un politico convenzionale, come me, come tutti quelli che fanno politica da quando hanno 16 o 25 anni, perché sa cosa mi rispose Berlusconi prima di andarsene? “Io ho sempre avuto successo. In tutto quel che ho fatto”».
Come motivò la scelta di «scendere in campo»?
«Aveva visto che il sistema politico italiano era entrato in crisi dopo Mani Pulite e il crollo dei partiti tradizionali democristiani, socialisti e comunisti. Il suo colpo di genio fu capire di poter aiutare a superare la crisi. La cosa ancora più straordinaria è che ci è riuscito. Lo ricorderò sempre come una delle poche persone capaci di leggere il momento storico, avere la volontà di intervenire e farlo».
Voi non sembrate aver avuto molto in comune: lei è sposato con la stessa donna dal 1977, non ha mai fatto l’imprenditore e non racconta neppure barzellette.
«Già. Ridevo a quelle di Silvio, ma non me ne ricordo neppure una. Lui faceva la sua vita e io la mia. Silvio ha avuto sempre la massima considerazione per la mia famiglia. Chiacchieravamo e scherzavamo, ma sempre con molto rispetto».
Che cosa vi univa, allora?
«Faccio prima a dire che cosa ci divideva. Il suo successo imprenditoriale lo rendeva unico e interessante, un alieno caduto sul pianeta politico. Eppure ha saputo trasferire la sua personalità al nostro mondo. Una personalità originale con uno spirito di iniziativa permanente in ogni piccolo dettaglio. Non esagero se penso che si occupava anche del menù delle cene ai vertici di Stato. Aveva una tendenza al populismo che io non avevo e, ovviamente, aveva una storia che io non avevo. Ma ci avvicinavano tanti punti ideali».
Quali?
«Lui ed io abbiamo cercato di realizzare lo stesso progetto in Spagna e Italia: unire tutto quanto è alla destra della sinistra. Entrambi eravamo dei gran difensori dei nostri popoli. Poi c’era quella chimica speciale nella personalità. Ci siamo riconosciuti e trovati. Tra noi c’era una simpatia naturale. In più siamo sempre stati leali, non nascondevamo assi nella manica, ci rispettavamo».
Quali sono state le maggiori battaglie che avete condotto assieme?
«Ne citerò tre. La prima fu la Guerra contro Saddam Hussein nel 2003. Una decisione strategica. Entrambi consideravamo che i rapporti atlantici fossero fondamentali per l’Europa. Senza l’America non si poteva concepire l’Europa. Allora come oggi. Entrambi avevamo capito che dopo gli attentati islamisti dell’11 settembre 2001 gli Usa si sentivano sotto minaccia e avevano bisogno della rassicurazione che l’Alleanza Atlantica fosse ancora vitale e l’Europa il più possibile coesa. Ci siamo in gran parte riusciti».
Decideste di appoggiare l’intervento Usa assieme?
«No, ognuno doveva gestire la propria opinione pubblica
interna. Avevamo tempi e modalità diversi anche se cercavamo di restare in stretto contatto. In comune avevamo la visione strategica: non c’è Europa senza Stati Uniti».
La seconda battaglia comune?
«Far entrare Forza Italia nel Partito popolare europeo. Serviva a Silvio e serviva a me. In un momento specifico della vita d’Italia, Berlusconi incarnò la grande tradizione del centrodestra italiano e il suo rinnovamento. Nello stesso momento il Ppe era un rispettabile, ma piccolo club democristiano in esaurimento che io volevo arricchire con la linfa fresca di liberali e conservatori. Era lo stesso progetto che avevo portato a compimento in Spagna con il mio partito. L’ingresso della destra di Jacques Chirac e di Berlusconi trasformò i popolari europei».
La terza?
«Nel 2003 si scrisse il Trattato costituzionale europeo che avrebbe dovuto sostituire il Trattato di Nizza. La mia Spagna temeva che alcune prerogative presenti nella carta di Nizza si perdessero nella nuova Costituzione e Silvio assicurò che l’Italia “non avrebbe mai fatto nulla contro la Spagna”. E mantenne la parola».
Si è mai considerato un maestro politico per Berlusconi?
«Mai. Però è vero che lui ripeté più volte, in privato e in pubblico, che mi considerava un riferimento. Per l’unificazione di tutte le forze non di sinistra e per la capacità di un’azione di governo che produceva fatti, risultati di successo».
Berlusconi ha detto che l’Europa non ha più veri leader. Se li avesse, la guerra in Ucraina sarebbe già finita.
«Nella politica di oggi, la personalità di Berlusconi brilla. In un mondo che si affida all’intelligenza artificiale, il talento naturale di Berlusconi emerge in modo straordinario. Aveva ragione: la qualità della vita politica è scesa. Ci sono troppi leader mediocri, dipendenti dai sondaggi, incapaci di avere una visione di medio e lungo periodo. Su Berlusconi si potranno dire molte cose, e di sicuro se ne diranno molte, però non si può mettere in dubbio la sua leadership e la sua visione storica».

Fonte: Corriere