Una “professione in trasformazione”. E’ quanto emerge dal IX rapporto Censis sull’Avvocatura – presentato oggi e realizzato dal Censis per la Cassa Forense – che contiene anche un’indagine su un campione di 28mila avvocati. Il 2024 è stato caratterizzato da una nuova flessione del tasso annuo di crescita degli iscritti alla Cassa Forense, con un decremento dell’1,6%. Sul versante della distribuzione per genere, si osserva una leggera prevalenza maschile, con poco più di 124mila uomini contro 109.300 donne. I dati più recenti indicano una diminuzione nella percentuale di donne iscritte che si attesta al 46,8%, scendendo sotto il dato del 2014 (quando erano il 47,1%), con una inversione della tendenza di crescita iniziata nel 2021, a conferma di un vero e proprio abbandono della professione da parte delle avvocate. Nel 2024, inoltre, il calo degli iscritti ha raggiunto il livello più significativo dell’ultimo decennio, segnando un saldo negativo di oltre 2.100 unità tra le avvocate. “Si conferma quindi – rileva il Censis – una tendenza ormai consolidata, in cui il numero di professionisti in uscita supera quello delle nuove iscrizioni, con un impatto più evidente sulla componente femminile”.
Dal 2022 al 2025, emerge ancora dal report, si è osservato un “continuo miglioramento delle prospettive professionali nell’ambito legale”. In particolare, mentre nel 2022, il 28,4% degli avvocati riportava una situazione molto critica, con scarsa attività lavorativa e incertezza professionale, tale percentuale è scesa al 22,7% nel 2025 (-5,7%). Le donne si mostrano più colpite da una percezione negativa della loro situazione lavorativa: il 27,5% la definisce “molto critica” e il 30,4% “abbastanza critica”. Nell’ultimo anno, è il 33,3% degli avvocati ad aver preso in considerazione l’idea di abbandonare la professione, una percentuale che conferma una tendenza già osservata in passato, ma in leggera riduzione (l’anno scorso erano il 34,6%). La principale motivazione risiede in questioni di natura economica: il 62,9% di coloro che stanno valutando l’uscita segnala infatti costi elevati e una remunerazione percepita come non adeguata. Infatti, anche se il reddito medio annuo per avvocato nel 2023 registra una variazione positiva del 6,8% rispetto al 2022, il rapporto evidenzia che il livello del reddito medio, nella categoria, si riesce a raggiungere mediamente solo una volta superati i 50 anni (e per le donne in media questo risultato non viene raggiunto).
E ancora: per il 63,4% degli avvocati è ancora molto o abbastanza difficile conciliare la carriera forense con la vita personale. Sono il 73,7% degli avvocati under 40 e il 71,0% di chi ha tra i 40 e i 49 anni ad affermare di avere molta o abbastanza difficoltà a far combaciare questi due aspetti della vita. Il 70,6% delle avvocate percepisce un equilibrio tra vita e lavoro molto o abbastanza difficile da ottenere, mentre per gli uomini il dato scende al 57,0%, con una differenza di 13,6 punti percentuali. Ancora poco appeal per l’aggregazione tra studi legali. Tra le principali ragioni che frenano l’aggregazione tra avvocati, vi è la difficoltà nella determinazione della percentuale dei profitti tra i partner, indicato dal 35,7%. Criticità che si conferma trasversale alle diverse età, pur registrando una leggera prevalenza tra i professionisti più giovani (37,6% tra gli under 40) rispetto ai colleghi più anziani (32,7% tra gli over 64), sottolineando la centralità della questione economica nei processi di aggregazione e la necessità di strumenti chiari per la gestione dei profitti.
Quanto all’intelligenza artificiale, il 27,5% degli avvocati dichiara di utilizzare l’IA nelle attività professionali. L’impiego principale riguarda la ricerca giurisprudenziale e documentale (19,9%), confermando come l’IA venga percepita soprattutto come uno strumento di supporto nell’analisi e gestione delle fonti normative e dei precedenti. Al contrario, la maggioranza degli avvocati (72,3%) non utilizza strumenti di intelligenza artificiale. Le motivazioni di questa scelta sono molteplici: il 16,3% afferma di non conoscere o non saper utilizzare tali strumenti, mentre il 6,4% considera l’investimento troppo oneroso. Un dato significativo è rappresentato dal 31,7% di professionisti che, pur non utilizzandola, sta considerando di adottarla nel prossimo futuro, segno di un interesse potenziale.
Sul percorso di avvicinamento alla professione, il rapporto Censis rileva che tra l’anno accademico 2010/2011 e l’anno accademico 2023/2024 si è verificata una riduzione di oltre 10.000 immatricolati alle facoltà giuridiche: se nel 2010 questi erano 28.029, circa 50 su mille 19enni, nel 2023 il numero è sceso a 16.989 (su mille 19enni se ne sono iscritti circa 30). Riguardo all’esame di abilitazione, nel 2023 il numero di candidati è sceso sensibilmente: rispetto all’anno precedente, si sono registrate 4.692 presenze in meno. Il tasso di successo è invece rimasto pressoché simile ai due anni precedenti (46,2%), ma il bacino di abilitati è stato in assoluto il più basso della serie storica 2019-2023, pari a 4.486. (AGI)
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