Solo a Milano con gli autovelox il Comune è in grado di incassare 480mila euro al giorno. Le altre città hanno una potenza di fuoco minore ma anche loro non scherzano, tant’è che l’Italia negli ultimi 5 anni è il paese che in assoluto ha aumentato più degli altri il numero di contravvenzioni per violazione del codice della strada: +987%. Un fiume di soldi che entra nelle casse di comuni che ora rischia di interrompersi bruscamente. Una sentenza della Corte Costituzionale del 29 aprile scorso, la numero 113, relatore il giudice Antonio Carosi, sancisce infatti l’incostituzionalità dell’articolo 45 del Codice della strada nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura. Con la conseguenza di rendere nulli tutti i verbali notificati sino ad oggi e di aprire un contenzioso su quelli già pagati e per i quali sarebbe legittimo non solo richiedere un rimborso ma anche la restituzione della patente nei casi di sospensione come pure dei punti tolti.
Si tratta di una battaglia questa contro l’inaffidabilità delle misurazioni degli autovelox che le associazioni dei consumatori combattono da tempo, senza però essere mai riuscite ad ottenere soddisfazione. Anzi, in precedenza, molte pronunce della Cassazione, avevano confermato la validità delle norme correnti, che si limitavano a prevedere una semplice omologa degli impianti.
Tra Cuneo e Torino
La pronuncia-choc resa nota ieri nasce dal ricorso di due cittadini, rispettivamente conduttrice e proprietario di un’automobile, che si erano visti respingere precedenti ricorsi presentati al giudice di pace di Mondovì, che aveva respinto l’opposizione a un ordinanza di rigetto del prefetto di Cuneo che a sua volta aveva rigettato un ricorso amministrativo relativo ad un verbale della Polstrada per aver violato l’articolo 142 del Codice della Strada elevato con autovelox. Anche il successivo appello di fronte al Tribunale di Torino aveva respinto le istanze dei due ricorrenti che però, certamente con grande determinazione, hanno deciso di continuare la loro battaglia sino ad arrivare alla Corte di Cassazione e poi alla Consulta fortemente convinti del fatto che la multa che era stata loto inflitta fosse illegittima. Ovvero che l’autovelox che li aveva «pizzicati» fosse starato. A nulla, nei vari gradi di giudizio, sono valse le opposizioni del Prefetto di Cuneo prima, del ministero dei Trasporti e della Presidenza del Consiglio dopo. Ed una volta approdati alla Consulta questa ha stabilito che «qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, variazioni della tensione di alimentazione. Si tratta di una tendenza disfunzionale naturale direttamente proporzionata all’elemento temporale. L’esonero da verifiche periodiche, o successive ad eventi di manutenzione, appare per i suddetti motivi intrinsecamente irragionevole». Non solo, ma «i fenomeni di obsolescenza possono pregiudicare non solo l’affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale».