Bene il mercato dell’auto in Europa ad agosto, ma sull’elettrico l’Italia è ancora fanalino di coda. Lo afferma l’Unrae, spiegando che il motivo è nelle “storture degli incentivi”. Per quanto riguarda le auto ‘con la spina’ (Ecv), spiega l’Unrae, “il mercato italiano ad agosto si distingue ancora come fanalino di coda fra i cinque mercati, con una quota in parziale recupero al 9,1% totale, cioè 5,0% per le BEV e 4,1% per le Phev, molto lontana dalla Germania (Bev al 31,7% e PHEV al 5,3%, con queste in forte calo per l’esclusione dagli incentivi a partire da gennaio), ma anche dalla Francia (Bev 17,3% e Phev 8,4%), dal Regno Unito (Bev 20,1% e PHEV 7,7%), dalla Spagna (Bev 6,4% e Phev 6,0%). Nel totale del mercato europeo ad agosto le BEV sono a quota 21,7% (+8,7 punti) mentre le Phev al 7,5% (-0,8 punti). Lo stesso quadro anche nei primi otto mesi, dove l’Italia figura ultima con una quota di Bev al 3,9% e Phev 4,6%, mentre in Germania le Bev sono al 18,6% e le Phev al 5,6%, in Francia Bev 15,4% e Phev 8,9%, nel Regno Unito Bev 16,4% e Phev 6,8%, in Spagna Bev 4,8% e Phev 6,3%. Nel totale del mercato europeo le Bev coprono il 15,1% di share (+3,5 punti) e le Phev il 7,4% (-0,9 punti).
Il direttore generale dell’Unrae Andrea Cardinali, su questo fronte indica però come “inappropriato ogni parallelo con l’evoluzione dei sistemi incentivanti in corso laddove il mercato ha ormai iniziato a camminare sulle proprie gambe. Infatti – spiega – la bassa diffusione dei veicoli elettrici nel mercato italiano rispetto agli altri Major Markets, oltre che dalle insufficienti infrastrutture di ricarica, dipende proprio dal ritardo nell’attivazione dei sistemi incentivanti. Questi sono in vigore da 7 anni in Germania, 12 nel Regno Unito, 13 in Spagna, 14 in Francia. In Italia invece – prosegue – lanciati nel 2019 quando praticamente non ebbero nemmeno il tempo di iniziare a funzionare, gli incentivi hanno dispiegato il loro pieno effetto solo nel biennio 2020- 21, per poi essere affossati già a partire dal 2022 con modifiche che ne hanno sterilizzato l’effetto”.
In conclusione, sottolinea Cardinali: “come confermato costantemente dal trend asfittico delle immatricolazioni di ECV, e in previsione di un avanzo di quasi 600 milioni cumulato tra 2022 e 2023 a causa delle ben note storture, è sempre più urgente rivedere l’impianto degli incentivi all’acquisto di vetture a zero e basse emissioni, senza dimenticare la revisione della fiscalità sull’auto aziendale”. Le stime dell’UNRAE indicano in circa 26 anni il ciclo di sostituzione del parco auto circolante, composto per 1/4 da vetture ante Euro 4 con più di 17 anni di anzianità: una condizione assai critica, che rende molto lunga la strada della decarbonizzazione e della messa in sicurezza. “Quanto alle infrastrutture di ricarica – ricorda Cardinali – la situazione al 30 giugno vede l’Italia al 15esimo posto nella graduatoria dei 31 Paesi europei per capillarità della rete pubblica, molto lontana dai Paesi leader ma anche da alcuni grandi mercati. Peraltro, dei 36.389 punti di ricarica censiti, oltre il 15% è stato installato nei primi 6 mesi del 2023, quindi non ha potuto influire in alcun modo sul mercato di quest’anno. Per tali motivi è necessario accelerare ulteriormente, consentendo a tutti gli operatori di accedere con proposte adeguate ai bandi Mase, in particolare quelli in ambito extraurbano, che nel primo bando non hanno trovato nessun offerente idoneo”. “Inoltre attendiamo ancora – aggiunge – che il Mimit emani le norme attuative del DPCM 4 Agosto 2022, necessarie a beneficiare dei 40 milioni annuali di incentivi per l’acquisto e l’installazione di colonnine di ricarica in edifici residenziali. Attendiamo addirittura le norme relative ai 90 milioni stanziati tre anni fa per imprese e professionisti dal DL 14 Agosto 2020, per i quali non sono mai state aperte le richieste di accesso ai fondi da parte del Mase”. (AGI)