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Assange, Gb autorizza ricorso contro estradizione

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Julian Assange, che oggi ha appreso che potrà appellarsi contro la sua estradizione negli Stati Uniti, è diventato negli ultimi anni il “nemico numero uno” di Washington. Ma anche un simbolo della libertà di informazione e una leggenda per migliaia di persone che applaudono il suo lavoro per aver svelato i torbidi segreti dei governi attraverso il suo portale WikiLeaks.
Il 52enne australiano ha oggi ottenuto che il sistema giudiziario britannico accettasse di esaminare un ultimo appello contro la sua estradizione. Ma qualunque sia l’esito, chi gli è vicino lo descrive come già molto indebolito fisicamente da 12 anni di reclusione (sette nell’ambasciata ecuadoriana e cinque in prigione). Il gran numero di sostenitori che ha accumulato negli ultimi anni, grazie anche all’attivismo di sua moglie, Stella Assange – che ha sposato in carcere nel marzo 2022 – non è riuscito a mettere fine al suo interminabile processo, che ha devastato la sua salute; e la sua difesa ha costantemente avvertito del rischio che si suicidi se viene consegnato al sistema giudiziario americano.
In caso di estradizione, “Julian sarà messo in un buco, così profondo che non lo rivedremo mai più”, ha detto a metà febbraio Stella Assange, il suo ex avvocato, la donna che ha sposato dietro le sbarre nel marzo 2022. “Tutti sanno che la salute mentale di Julian desta molta preoccupazione e che è in gioco la sua sopravvivenza”, ha ripetuto la scorsa settimana la donna con cui ha avuto due figli quando era rifugiato nell’ambasciata ecuadoriana.
Julian Assange è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nella zona est di Londra, dall’aprile 2019, quando era stato prelevato dall’ambasciata ecuadoriana, dove si era rifugiato sette anni prima, travestito da corriere. All’epoca stava affrontando accuse di stupro in Svezia, che da allora sono state ritirate. Il suo stato mentale e fisico è così fragile che un giudice, Vanessa Baraitser, nel 2021 ha bloccato la sua estradizione sulla base del fatto che rischiava il suicidio, ma Washington ha presentato appello (con successo) e ha insistito nel chiedere la consegna del giornalista australiano. Gli Stati Uniti vogliono processarlo per 18 capi d’accusa (si va dallo spionaggio all’intrusione informatica) dopo che WikiLeaks ha rivelato nel 2010 e nel 2011 i presunti crimini di guerra compiuti dai militari statunitensi nei conflitti in Iraq e Afghanistan. Ovviamente sua difesa considera le accuse politicamente motivate. Comunque sia, eroe o no, il percorso di Assange, per molti è la sintesi della battaglia universale per la libertà di espressione delle organizzazioni giornalistiche e per i diritti umani, come Amnesty International. E nonostante non sia stato condannato per alcun crimine, il 52enne ex hacker australiano ha trascorso quasi quattordici anni recluso nel Regno Unito.
La figura di Assange, dalla carnagione pallida e dai caratteristici capelli bianchi, è un mistero anche per i suoi collaboratori, che lo descrivono come carismatico e intelligente ma imprevedibile. Programmatore di computer, che si diceva trascorresse ore al lavoro senza lavarsi, mangiare o dormire, ha avuto un’infanzia nomade in Australia, dove sua madre, un’artista teatrale -Christine Ann separata dal marito prima che lui nascesse- cambiava continuamente residenza per sfuggire al padre di suo fratello minore, di cui rivendicava la custodia. A 15 anni aveva già vissuto in più di 30 città australiane prima di stabilirsi a Melbourne dove comincia a studiare matematica, fisica e informatica. Coinvolto nella comunità degli hacker, inizia ad hackerare i siti web della Nasa e del Pentagono usando lo pseudonimo di “Mendax”. Quando lancia WikiLeaks nel 2006 per “liberare la stampa” e “smascherare segreti e abusi di Stato”, era già diventato, secondo uno dei suoi biografi, “l’uomo più pericoloso del mondo”. Ma diventa noto al grande pubblico nel 2010 con la pubblicazione di centinaia di migliaia di documenti riservati americani; e così dieci anni prima della sua elezione a presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, allora vicepresidente di Barack Obama, sostiene che Julian Assange è più simile a un “terrorista high-tech” che a un erede dei “Pentagon Papers”, i file che rivelarono le bugie degli Stati Uniti sulla guerra del Vietnam negli anni ’70.
​​​​​​​La sua immagine di “cyber-guerriero” dai capelli bianchi si è a volte offuscata nel corso degli anni, soprattutto quando la sua piattaforma ha pubblicato migliaia di e-mail hackerate dal Partito Democratico e dal team di Hillary Clinton durante la campagna presidenziale degli Stati Uniti nel 2016. Sono rivelazioni che ovviamente suscitano forti elogi da parte del candidato rivale, Donald Trump. Ma secondo la Cia, quei documenti sono stati ottenuti da agenti russi, cosa che WikiLeaks nega. L’accaduto alimenta i sospetti dei critici che sia colluso con la Russia perchè le sue rivelazioni sono spesso a danno degli Stati Uniti e l’ex-hacker anche collaborato con il canale televisivo Russia Today, vicino al Cremlino. Nel 2011, i cinque giornali associati a WikiLeaks (tra cui The New York Times, The Guardian e Le Monde) hanno condannato il metodo, che ha reso pubblici i cablogrammi del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, perchè avrebbero “messo a rischio alcune fonti”. Ma, alla fine del 2022, gli stessi giornali hanno chiesto al governo degli Stati Uniti di far cadere le accuse contro Julian Assange perché “pubblicare non è un crimine”.
Controverso, audace e perseverante, Assange ha dedicato la sua vita a difendere la sua verità, in una crociata contro l’opacità degli Stati per la quale continua a pagare un prezzo altissimo. (AGI)
BIA