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Archeologia e Gastronomia, la lenta rinascita di Adiyaman

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La città, centro del sud est della Turchia, devastata dal terremoto che lo scorso 6 febbraio ha mietuto più di 50 mila vittime nell’intera regione, prova a ripartire

di Giuseppe Didonna

AGI – Archeologia, agricoltura e ora gastronomia. Sono queste le risorse da cui riparte la città di Adiyaman, centro del sud est della Turchia devastato dal terremoto che lo scorso 6 febbraio ha mietuto più di 50 mila vittime nell’intera regione. L’area può vantare meraviglie archeologiche come Nemrut, tomba monumentale a 2150 metri di altezza risalente al 50 A.C, la fontana dei romani  (20 A.C.)o il ponte dei Severi (250 D.C), il secondo ponte romano per larghezza, lungo 120 metri, incorniciato da tre splendide colonne corinzie.

Luoghi meta ogni anno di decine di migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo. Ora Adiyaman ospita anche un festival di gastronomia, con l’obiettivo di diffondere le ricette e gli ingredienti, pistacchio in primis, che la provincia produce da sempre. È impossibile non notare la distruzione che il terremoto dello scorso 6 febbraio ha seminato, quando a più di 6 mesi di distanza si entra ad Adiyaman.

La città del sud est, la seconda più colpita dal doppio sisma di grado 7.8 e 7.6, ha causato un trauma destinato a durare negli anni, così come uno stato di emergenza che rispetto ai giorni seguenti la catastrofe ora si trova in una fase diversa, ma comunque dolorosa.

Nessuno ha dimenticato che la città ha atteso per tre giorni che arrivassero i primi aiuti. Un ricordo terribile e doloroso che ha rischiato di costare caro al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha poi chiesto pubblicamente scusa. “Perdonate i nostri peccati” disse il leader turco, consapevole che per tre giorni la citta’ e’ rimasta in un incubo che verra’ tramandato per generazioni.

A distanza di meno di 7 mesi sono ancora tantissimi gli edifici fantasma, semidistrutti e inagibili, che si ergono ai fianchi della strada principale in attesa di essere demoliti. Montagne, letteralmente, di macerie vengono accatastate fuori dal centro abitato e sono inevitabilmente destinate a crescere nei prossimi mesi. Migliaia di metri cubi di accumuli di palazzi crollati o demoliti che hanno lasciato superfici di suolo raso tra le strade. Più che di cicatrici vere e proprie ferite aperte, dove la gente ha pero’ ripreso a vivere con forza e dignità.

Tutt’intorno si ergono gru dei tantissimi cantieri delle nuove case in costruzione. Chi può ha riaperto il proprio negozio e i colori della frutta di stagione danno vivacità al grigio del cemento. Donne fanno la spesa, negozi di kebab e clienti  fanno sedere i propri clienti all’ombra, dove famiglie cercano ristoro da un sole che picchia duro. Chi può ha riaperto il negozio, altri hanno ripreso l’attività dentro i container. I bambini sfruttano gli ultimi giorni di vacanza e giocano a calcio o girano in bicicletta per le strade, sgridati dagli adulti quando si avvicinano troppo a palazzi pericolanti.

I turisti, turchi e non, hanno ripreso a farsi vedere nei siti archeologici fuori città e attendono la riapertura del locale e ricco museo dove sono visibili i manufatti ritrovati nell’area. In una città che riprende a vivere è andato in scena il festival di gastronomia. Chef ed esperti di gastronomia provenienti da 25 Paesi hanno partecipato alla 4 giorni di degustazioni e tour agrogastronomici organizzata da Zeyra Medya.  “Puntiamo anche sulla gastronomia per dare impulso al turismo. quest’anno, nonostarnte il sisma, hanno visitato Nemrut in 60 mila”, ha dichiarato uno degli organizzatori, Okkes Koska.

 

Un’occasione per far conoscere alla gastronomia internazionale piatti come le polpette di verdure e carne cruda (cig kofte), il riso con pollo, pomodoro e peperoncino cotto con il the (buhara pilavi), il riso nelle foglie di cavolfiore (sarma), lo sformato di verdure in terracotta (dovmec) e il kebab con la mela (elma kebabi). Un potenziale che si aggiunge alle meraviglie archeologiche della zona, che ha stupito i cuochi e gli esperti arrivati da ogni angolo del mondo.

“È stata la maniera per conoscere un posto nuovo, le sue meraviglie e anche nuovi ingresidenti”, ha detto la cuoca statunitense Amanda Cohen. “Le farine utilizzate hanno caratteristiche uniche, proprieta’ che sono resistite alla selezione industriale e valori nutritivi molto elevati”, il commento della giornalista israeliana Ronit Vered, esperta di gastronomia e farine.

Adiyaman insomma riparte anche da qui. Archeologia e gastronomia rappresentano due buoni motivi per continuare a visitare un’area che ancora sta rammendando le proprie ferite, ma dove la gente ha rialzato la testa con grande dignita’ e ha sempre un pasto pronto da offrire a ospiti e turisti.