I cavalli da corsa sembrano avere prestazioni migliori e un minor rischio di complicazioni di salute se da puledri avevano un microbioma intestinale diversificato, il che suggerisce che la composizione dei batteri intestinali dei cavalli da corsa a un mese di vita può predire le loro future prestazioni atletiche. Lo rivela un nuovo studio dell’Università del Surrey, riportato su Scientific Reports. Secondo i risultati, i puledri con una minore diversità batterica a 28 giorni di vita presentavano anche un rischio significativamente maggiore di malattie respiratorie più avanti nella vita. I ricercatori della Surrey School of Veterinary Medicine e della School of Bioscience, guidati da Chris Proudman, hanno eseguito il sequenziamento del DNA su 438 campioni fecali di 52 puledri Thoroughbred nati in cinque scuderie nel 2018. La squadra di ricerca ha raccolto i campioni nove volte nel corso del primo anno di vita: all’età di 2, 8, 14 e 28 giorni, e a 2, 3, 6, 9 e 12 mesi. A un anno di età, gli animali sono stati trasferiti in 29 diversi centri di allenamento per le corse nel Regno Unito. Poi, i ricercatori hanno misurato le prestazioni atletiche dei cavalli di 2 e 3 anni durante le gare, raccogliendo informazioni sulle posizioni di arrivo e sul montepremi totale. Inoltre, gli scienziati hanno registrato la salute respiratoria e ortopedica dei cavalli, nonché quella dei loro tessuti molli. I risultati suggeriscono che, come si sospetta nell’uomo, il microbioma intestinale dei cavalli ha un ruolo decisivo nello sviluppo di una composizione batterica che, a sua volta, può offrire un contributo per la salute e la forma fisica a lungo termine. Il gruppo di scienziati ha scoperto che una maggiore diversità batterica a 28 giorni di età era legata a migliori prestazioni durante le gare. I ricercatori hanno anche individuato due famiglie di batteri, Anaeroplasmataceae e Bacillaceae, associate a un notevole vantaggio nelle competizioni. Al contrario, una bassa diversità batterica a 1, 2 e 9 mesi di età è stata associata a un maggior rischio di problemi ortopedici e di altro tipo, come strappi muscolari o fratture. L’équipe ha anche individuato specifiche famiglie batteriche che, se abbondanti a circa 1 o 2 settimane di vita, erano collegate a un maggior rischio di malattie respiratorie o muscoloscheletriche più tardi nella vita. “I puledri trattati con antibiotici, che possono influenzare il microbioma intestinale, nelle prime settimane di vita avevano una diversità batterica significativamente inferiore al ventottesimo giorno rispetto alle loro controparti non trattate”, ha spiegato Proudman. “Questi animali hanno poi guadagnato meno premi e hanno sviluppato malattie respiratorie a un tasso 10 volte superiore rispetto ai puledri non trattati dopo i 6 mesi di età”, ha continuato Proudman. “È possibile che i primi problemi di salute che hanno spinto al trattamento antibiotico siano stati quelli che hanno effettivamente influenzato le prestazioni e la salute successive”, ha affermato Simon Daniels, della Royal Agricultural University di Gloucestershire, nel Regno Unito. “Ma – ha aggiunto Daniels – è anche possibile considerare il fatto che gli antibiotici stessi abbiano portato a una mancanza di diversità batterica che è associata a una salute e a prestazioni peggiori”. “Gli antibiotici sono fondamentali per trattare le infezioni e proteggere la salute a lungo termine dei puledri; tuttavia, devono essere usati in modo responsabile”, ha sottolineato Roberto La Ragione, della School of Bioscience dell’Università del Surre e coautore dello studio. “Il nostro lavoro dimostra che il trattamento con antibiotici può alterare il microbioma intestinale sano con impatti a lungo termine sulla salute e sulle prestazioni future”, ha osservato La Ragione. “La prossima parte del nostro studio esaminerà come ridurre al minimo l’alterazione dei batteri intestinali quando si devono usare gli antibiotici per trattare le infezioni”, ha concluso La Ragione. (AGI)
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