di Marco Coletto
Willy T. Ribbs nasce il 3 gennaio 1955 a San Jose (USA): dopo aver frequentato una scuola di guida sportiva si trasferisce in Europa e inizia a farsi conoscere nelle categorie minori.
Il ritorno in America
Nel 1978 Ribbs torna in America, debutta in Formula Atlantic e viene invitato a correre per ragioni promozionali nella tappa di Charlotte del campionato NASCAR ma non prende parte alla gara perché viene arrestato dopo essere stato pizzicato contromano su una strada pubblica a senso unico.
Nel biennio 1981/1982 Willy T. Ribbs disputa altre corse in Formula Atlantic senza però brillare particolarmente.
Gli anni d’oro in Trans-Am
Ribbs esordisce nel campionato Trans-Am con la Chevrolet Camaro nel 1983, si aggiudica cinque gare (Portland, Mid-Ohio, Brainerd, Sears Point e Caesars Palace) e chiude la serie in seconda posizione assoluta portando a casa il premio Rookie of the Year riservato al miglior debuttante.
La stagione seguente – iniziata con la Chevrolet Corvette prima del passaggio alla Mercury Capri – termina con una terza piazza in classifica generale e con quattro successi.
Indianapolis e F1
Willy T. Ribbs – grazie al supporto del noto manager di boxe Don King – prova a qualificarsi, senza successo, alla 500 Miglia di Indianapolis del 1985.
L’anno successivo “Uppity” riesce addirittura a ottenere un test con la Brabham diventando il primo afroamericano di sempre alla guida di una monoposto di F1.
Secondo il documentario di Netflix Bernie Ecclestone (all’epoca responsabile della scuderia britannica) avrebbe voluto ingaggiare Willy T. Ribbs per il Mondiale F1 1986 ma la trattativa sarebbe saltata perché lo sponsor principale Olivetti voleva un pilota italiano (Elio De Angelis).
Una versione, a nostro avviso, un po’ dubbia visto che chiunque avrebbe preferito un driver d’esperienza come il nostro De Angelis (reduce da due campionati del mondo terminati in terza e in quinta posizione) a uno sconosciuto portato da Don King. Senza contare che durante il test i tempi di Ribbs furono sensibilmente più alti di quelli di De Angelis e Riccardo Patrese.
NASCAR e IMSA
Nella seconda metà degli anni ‘80 Willy T. Ribbs tenta l’avventura in NASCAR (nel 1986) e arriva terzo nel campionato IMSA GTO con due vittorie – Sears Point e Del Mar – ottenute al volante di una Toyota Celica.
La fine del documentario
Il documentario “Uppity” di Netflix termina con il racconto della carriera di Ribbs nei primi anni ‘90: un periodo caratterizzato dal debutto in IndyCar nel 1990 con una scuderia finanziata anche da Bill Cosby e dalla qualificazione alla 500 Miglia di Indianapolis ottenuta nel 1991 (primo driver afroamericano di sempre a conquistare questo importante traguardo).
Un racconto incompleto nel quale non viene citata la morte di un commissario di gara a Vancouver nel 1990 investito – senza colpe, sia chiaro – da Ribbs e l’esito della corsa di Indy al volante di una Lola motorizzata Buick, terminata con un ritiro dopo soli cinque giri a causa di un problema al propulsore.
Fine carriera
Willy T. Ribbs riesce a terminare la 500 Miglia di Indianapolis nel 1993 in occasione della seconda e ultima partecipazione (21°).
L’anno successivo disputa l’ultima stagione in Indy Car e torna in pista solo nel 1999 in una gara della Indy Racing League.
Dopo alcune brevi esperienze a cavallo tra il Secondo e il Terzo Millennio in Trans-Am e nella NASCAR Truck Series il pilota americano crea nel 2011 il team Willy T. Ribbs Racing e disputa una gara nel campionato Indy Lights.
Willy T. Ribbs appende il casco al chiodo dopo questa corsa e si cimenta nello sport del tiro a volo praticato dal figlio Theodore.
Fonte: iconwheels.it/